La giunta militare al potere in Mali ha decretato lo scioglimento di tutti i partiti politici, un passo ulteriore verso il consolidamento del regime guidato dal colonnello Assimi Goïta. Il provvedimento, annunciato il 13 maggio tramite la televisione di stato, vieta anche le attività delle associazioni politiche, eliminando di fatto ogni forma di opposizione organizzata. La decisione, già anticipata da settimane, segue la precedente sospensione indefinita delle attività politiche. La giunta ha giustificato la misura con la necessità di “preservare l’ordine pubblico”, ma molti analisti la interpretano come un tentativo di ostacolare la transizione democratica e consolidare il potere di Goïta fino al 2030. Negli ultimi mesi, il paese è stato teatro di proteste antigovernative, con 80 partiti politici e organizzazioni della società civile che hanno firmato una petizione per chiedere la fine della dittatura militare entro il 31 dicembre 2025. La risposta della giunta è stata una repressione ancora più dura, caratterizzata dall’aumento delle sparizioni forzate di politici e attivisti dell’opposizione. Oltre a sciogliere i partiti, il governo ha oscurato l’emittente francese TV5 Monde, accusandola di “mancanza di imparzialità” per aver dato spazio alle proteste contro il regime. Questa azione rientra in una più ampia strategia di controllo dell’informazione, che ha già portato alla chiusura di diversi media internazionali nel paese. La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per la deriva autoritaria, ma la giunta appare determinata a mantenere il potere senza compromessi. Con il sostegno della Russia e del gruppo paramilitare Wagner, il regime di Goïta continua a rafforzare il proprio controllo, mentre i diritti e le libertà fondamentali della popolazione maliana sono sempre più a rischio.