Il Burkina Faso ha nuovamente vissuto una strage di matrice jihadista, con oltre 100 vittime tra soldati e civili a seguito di attacchi coordinati nel nord del Paese, in particolare nella strategica città di Djibo, da tempo sotto assedio. L’operazione, rivendicata dal gruppo jihadista Jama’at Nasr al-Islam wal-Muslimin (JNIM), affiliato ad Al-Qaeda, è iniziata alle 6 del mattino, colpendo simultaneamente otto località per limitare la capacità di risposta dell’esercito burkinabé. I combattenti hanno preso il controllo dei posti di blocco all’ingresso di Djibo prima di attaccare le basi militari, inclusa quella dell’Unità Speciale Antiterrorismo. Secondo gli analisti, l’operazione evidenzia la crescente influenza del JNIM nel Paese, dove circa la metà del territorio è ormai fuori dal controllo governativo. La giunta militare, al potere dal colpo di Stato del 2022, ha risposto con bombardamenti aerei, ma la carenza di truppe adeguatamente equipaggiate ha reso difficile respingere l’offensiva jihadista. L’attacco ha riacceso il dibattito sulla sicurezza nel Sahel, una regione segnata da conflitti etnici e dall’espansione del terrorismo islamico. La comunità internazionale ha manifestato preoccupazione per la situazione, mentre il governo burkinabé ha promesso un potenziamento delle operazioni militari per riconquistare le aree sotto il controllo jihadista. Nel frattempo, migliaia di civili continuano a fuggire dalle zone colpite, alimentando una crisi umanitaria che rischia di aggravarsi ulteriormente. La questione ora è se il Burkina Faso sarà in grado di contenere l’avanzata jihadista o se il Paese scivolerà ulteriormente nel caos.