Una ferma condanna di ogni forma di sopruso, a sfondo sessuale o meno, specie se esercitato approfittando di una posizione di potere. È netta la presa di posizione dell’Anaao Assomed contro le notizie di violenze e atti intimidatori esercitate da un primario contro dottoresse e infermiere.
“Le organizzazioni professionali e sindacali dei medici dovranno interrogarsi su come il tempio del lavoro sia potuto diventare un luogo di malaffare”, sottolinea l’Associazione dei medici e dirigenti ospedalieri.
Condanna dei soprusi
“In relazione ai fatti descritti dalla stampa”, sottolinea l’Associazione, “relativi all’arresto di un primario dell’ospedale di Piacenza accusato di abusi e violenze sessuali su dottoresse e infermiere, l’Anaao Assomed esprime solidarietà alle colleghe coinvolte e dichiara la sua ferma condanna di ogni forma di sopruso, a sfondo sessuale o meno, specie se esercitato approfittando di una posizione di potere”.
Tutela di colleghe e colleghi
“Difenderemo sempre”, evidenzia Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed, “colleghe e colleghi in posizione di debolezza nella catena professionale, vittime deboli di arroganza e prepotenza. E consideriamo inaccettabile che l’ospedale, luogo di cura e di risposta al diritto alla salute dei cittadini, venga descritto come ambiente omertoso in cui tutti sapevano ma nessuno interveniva. Non senza esprimere sconcerto per ‘commenti e suggerimenti’ nei corridoi che non si sono preoccupati di troncare sul nascere violenze del genere, perpetrate approfittando di un potere gerarchico professionale”.
No a prevaricazioni professionali
“La stessa direzione aziendale”, prosegue Di Silverio, “non può oggi limitarsi a una presa d’atto senza una riflessione sui meccanismi che permettono il nascere e il crescere di comportamenti di prevaricazione in ambienti professionali. E senza innovazioni organizzative capaci di offrire punti di ascolto per le vittime sottraendole al timore di vendette”.
Da tempio lavoro a tempio malaffare
“La giustizia farà certo il suo corso”, conclude Di Silverio, “ma le organizzazioni professionali e sindacali dei medici dovranno interrogarsi su come il tempio del lavoro sia potuto diventare un luogo di malaffare”.