Il conflitto nella Striscia di Gaza rimane intrappolato in una spirale di violenza che si espande ormai oltre i confini dell’enclave palestinese. Nella giornata di ieri, una nave della Freedom Flotilla, denominata The Conscience e diretta a Gaza con a bordo 30 attivisti internazionali per i diritti umani per portare aiuti alla popolazione civile, è stata colpita da droni in acque internazionali al largo di Malta. Il governo maltese ha poi annunciato che le fiamme sono state domate e che non risultano vittime, ma l’incidente ha sollevato proteste internazionali. La ONG ha accusato Israele di “violazione del diritto internazionale” e ha chiesto il richiamo degli ambasciatori israeliani nei Paesi coinvolti. Israele, da parte sua, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma il quotidiano Yedioth Ahronoth ha attribuito l’attacco all’esercito israeliano, sostenendo che l’imbarcazione fosse legata ad ambienti affiliati a Hamas. L’episodio si aggiunge a molti altri nel quadro del blocco totale degli aiuti a Gaza. Secondo le Nazioni Unite, la situazione umanitaria ha ormai superato il punto di non ritorno. Olga Cherevko, dell’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari, ha denunciato in videocollegamento che “le scorte alimentari sono esaurite, le mense chiudono, e sempre più persone muoiono di malnutrizione”. Anche gli ospedali sono al collasso, a corto di sangue e medicinali. Anche l’Ue ha rinnovato il suo appello a Israele affinché rimuova il blocco umanitario sulla Striscia. “Le scorte arrivate durante la tregua si stanno esaurendo – ha dichiarato un portavoce della Commissione europea – e, secondo il diritto internazionale, gli aiuti devono raggiungere i civili”. Un messaggio simile è arrivato anche da numerose ONG, che denunciano l’impossibilità di far passare i convogli umanitari attraverso i valichi israeliani.
Trump: “meno di 24 ostaggi vivi”
Nel frattempo, continuano gli attacchi sulla Striscia di Gaza. Secondo Al Jazeera, almeno 43 persone sono morte dall’alba di ieri. Una delle zone più colpite è stata il campo profughi di Bureij, dove i morti sarebbero almeno sette. Parallelamente, i colloqui tra Hamas e Israele sono ormai “a un punto morto”, ha dichiarato Majed al Ansari, consigliere del premier del Qatar. “Siamo in una fase complicatissima. Le condizioni minime per il dialogo sembrano venute meno”. In questo quadro, durante la Giornata nazionale di preghiera alla Casa Bianca, Trump ha riferito che “su 59 ostaggi iniziali, 24 erano considerati in vita, ma ora pare che quel numero sia addirittura sovrastimato”. Tre giorni fa, anche Sara Netanyahu, moglie del premier israeliano, aveva interrotto pubblicamente un evento per sostenere che i dati ufficiali fossero errati. La questione degli ostaggi resta uno degli ostacoli principali ai negoziati.
Israele bombarda Damasco
Nella stessa giornata, l’aviazione israeliana ha colpito un’area nei pressi del palazzo presidenziale a Damasco. L’attacco arriva dopo giorni di scontri tra milizie filo-governative e gruppi drusi nel sud del Paese, vicino al confine con Israele. Il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Katz hanno definito l’operazione “un chiaro segnale al regime siriano” per dissuaderlo dall’inviare truppe nelle aree a maggioranza drusa. Le reazioni non si sono fatte attendere: l’Unione Europea ha esortato Israele a rispettare la sovranità siriana e l’accordo di disimpegno del 1974 che stabilisce una zona cuscinetto nel Golan. “Serve moderazione – ha dichiarato Bruxelles – e il rispetto del diritto internazionale”. Intanto centinaia di manifestanti drusi, tra cui molti riservisti, hanno bloccato strade nel nord di Israele, accusando il governo di non tutelare la comunità drusa in Siria e chiedendo un intervento più deciso. Alcuni si sono radunati sotto l’abitazione del premier Netanyahu a Cesarea, denunciando “promesse non mantenute”.
Missile dallo Yemen, intercettato
Le Forze di Difesa israeliane hanno annunciato ieri di aver intercettato un missile balistico ipersonico lanciato dallo Yemen. L’attacco è stato rivendicato dai ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, che dichiarano di aver colpito una base aerea israeliana a est di Haifa. I missili non hanno causato danni, ma il lancio rappresenta l’ennesimo segnale di una guerra che, da Gaza, rischia ormai di infiammare l’intero Medio Oriente. Gli Stati Uniti, nel frattempo, continuano la loro campagna militare nello Yemen, affermando di aver colpito oltre 1.000 obiettivi houthi da metà marzo.