Luigi Mangione si è dichiarato, venerdì scorso, non colpevole delle accuse federali di stalking e omicidio legate all’uccisione del CEO di UnitedHealthcare, Brian Thompson, avvenuta il 4 dicembre. Il ventiseienne è comparso in tribunale a Manhattan con capelli più corti e la divisa da detenuto. Alla domanda della giudice Margaret Garnett, Mangione ha risposto “non colpevole”. Se condannato, rischia la pena di morte. Gli avvocati della difesa non hanno commentato. Durante l’udienza, l’avvocato Karen Agnifilo ha riferito una presunta intercettazione accidentale di una telefonata con Mangione, su cui la giudice ha chiesto chiarimenti entro il prossimo mese. La prossima udienza è fissata per il 5 dicembre per stabilire la data del processo. La difesa ha chiesto priorità per il caso federale, dato il rischio di condanna a morte. Mangione è stato incriminato con quattro capi d’accusa: stalking, omicidio con arma da fuoco e uso di un silenziatore. Secondo l’accusa, avrebbe ucciso Thompson alle spalle vicino a un hotel di Manhattan. Due bossoli con le parole “negare”, “deporre” e “rinviare” sono stati trovati sul posto. Cinque giorni dopo, è stato arrestato in Pennsylvania. Giovedì, i procuratori hanno formalmente richiesto la pena di morte, sostenendo che l’omicidio fosse premeditato, mirato a incitare una resistenza contro il settore sanitario. Hanno anche sottolineato la fuga di Mangione, attraversando confini statali con un’arma e un silenziatore artigianale. Oltre al caso federale, Mangione affronta accuse statali a New York e in Pennsylvania, tra cui omicidio di primo grado legato al terrorismo e possesso illegale di armi. Anche in questi casi si è dichiarato non colpevole. L’udienza ha attirato un folto pubblico, tra cui Chelsea Manning, che ha definito insolito il doppio processo. Manning ha dichiarato: “Il sistema giudiziario deve operare in modo equo.”
