A marzo 2025 l’inflazione torna a salire. Secondo i dati definitivi diffusi dall’Istat, i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,3% rispetto a febbraio e dell’1,9% su base annua. Un’accelerazione rispetto all’1,6% registrato il mese precedente. A incidere maggiormente su questo aumento sono stati i rincari dell’energia e dei prodotti alimentari freschi, voci che hanno un impatto diretto e immediato sul bilancio quotidiano delle famiglie.
Carrello della spesa sempre più caro
I prezzi dei prodotti di uso quotidiano, come alimenti, prodotti per la pulizia della casa e l’igiene personale – quelli che compongono il cosiddetto “carrello della spesa” – sono aumentati del 2,1% rispetto a marzo 2024. Una lieve ma continua crescita rispetto al mese precedente, quando l’aumento era stato del 2,0%. Questo significa che per molte famiglie, fare la spesa costa un po’ di più rispetto all’anno scorso, anche se i rincari non sono omogenei: a crescere di più sono i prodotti freschi, come frutta e verdura.
Energia in rialzo dopo mesi di calo
Tra le cause principali dell’aumento dell’inflazione c’è il ritorno alla crescita dei prezzi dell’energia non regolamentata, cioè quella che si acquista sul mercato libero (ad esempio gas ed elettricità fuori dal regime tutelato). Dopo mesi di prezzi in calo, a marzo questa componente segna un +0,7% annuo, contro il -1,9% di febbraio. Il prezzo del gas per uso domestico sul mercato libero, per esempio, è passato da una flessione del 2,2% a un aumento del 7,5%, mentre l’energia elettrica sul mercato libero è salita dello 0,7%, dopo un lungo periodo di ribassi.
Tabacchi e servizi in aumento
Un altro contributo alla crescita dei prezzi arriva dai tabacchi, con un aumento annuo del 4,6%. L’aumento è legato in parte alla crescita delle accise, ma anche ai rincari dei singoli prodotti come sigarette, sigari e sigaretti. I servizi, soprattutto quelli legati al tempo libero, alla cultura e alla cura della persona, segnano un +3,5%. Aumenti più contenuti si osservano invece nei servizi di comunicazione, come telefonia e internet, che crescono dello 0,8%.
Il Nord-Est e il Sud registrano i rincari più alti
L’andamento dei prezzi varia anche a seconda delle zone del Paese. L’inflazione è più alta rispetto alla media nazionale nel Nord-Est e al Sud, entrambe con un aumento annuo del 2,1%, mentre si mantiene sotto il 2% nel Nord-Ovest e nel Centro. Tra le città capoluogo e i grandi comuni, Padova registra il dato più alto con un +2,9%, seguita da Bolzano con +2,7%. Le variazioni più basse si osservano invece a Firenze (+1,2%), Livorno e Parma (entrambe +1,3%).
Servizi in lieve ripresa, trasporti in calo
I prezzi dei servizi mostrano un leggero aumento, passando da un +2,4% a un +2,5% su base annua. Questo incremento è dovuto principalmente al rialzo dei prezzi nei settori della ricreazione e della cura della persona. In particolare, i prezzi dei servizi di alloggio crescono del 3,4%, influenzati anche dalla stagionalità. Allo stesso tempo, si registra un rallentamento nei prezzi dei servizi legati ai trasporti, che passano da un +1,9% a un +1,6%. In questo settore si osserva un calo marcato nei prezzi del trasporto aereo passeggeri (-6,6%) e un rallentamento nei trasporti su rotaia e via mare.
L’inflazione pesa di più sulle famiglie meno abbienti
Nel primo trimestre del 2025, l’aumento dei prezzi ha colpito soprattutto le famiglie con minore capacità di spesa. Per loro, l’inflazione ha toccato il 2,0%, rispetto all’1,8% rilevato per le famiglie con livelli di spesa più elevati. La ragione principale è che le famiglie meno abbienti destinano una parte maggiore del proprio reddito all’acquisto di beni essenziali come energia e alimentari, che sono proprio le voci che hanno visto i rincari più forti. In particolare, per queste famiglie il peso dell’energia sulla spesa è pari al 17%, mentre per quelle più agiate è del 7,7%.
Inflazione “di fondo” stabile, ma non per tutti
L’inflazione di fondo, cioè quella calcolata senza considerare i beni più volatili come energia e alimentari freschi, resta stabile all’1,7%. Tuttavia, questa stabilità non riflette le difficoltà che incontrano molte famiglie alle prese con spese quotidiane in aumento. Anche considerando l’indice armonizzato (IPCA), che serve per confrontare i dati tra Paesi europei, l’inflazione segna un aumento del 2,1% annuo, sostenuto in particolare dal rincaro dell’energia e dei prodotti alimentari non lavorati.
Nel confronto europeo, Italia in linea
I dati dell’IPCA collocano l’Italia in linea con la media europea. Questo indice, che tiene conto anche di componenti soggette a tassazione e confrontabili tra i diversi Paesi dell’Unione, mostra per il nostro Paese un’inflazione al 2,1% su base annua. I principali contributi alla crescita arrivano dai beni alimentari (+2,7%), dall’energia (+2,7%) e dai servizi, soprattutto quelli legati alle comunicazioni e alla cultura. L’inflazione al netto dell’energia e degli alimentari freschi – spesso usata per valutare la tendenza di fondo dei prezzi – è salita all’1,9%.
Uno sguardo ai mesi successivi
L’Istat stima che l’inflazione “acquisita”, cioè quella già incorporata nei dati disponibili, sia pari all’1,3% per l’indice generale e all’1,0% per la componente di fondo. Questo significa che, anche se nei prossimi mesi i prezzi dovessero rimanere fermi, l’anno chiuderebbe comunque con un’inflazione superiore all’1%. Una tendenza che richiederà attenzione nei mesi a venire, soprattutto per le fasce di popolazione più esposte ai rincari.