mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Attualità

Fase due, ripartiamo dalla terra

La parola d’ordine della fase due appena iniziata è “ripartire”. La stessa che è stata scelta dai cuochi dell’Alleanza Slow Food per un appello alle istituzioni volto sostenere con iniziative concrete la migliore agricoltura d’Italia e la ristorazione di qualità. L’s.o.s, già sottoscritto da 2500 cuochi, contadini, allevatori, artigiani e cittadini, è aperto alla firma “di tutti coloro che credono in un futuro basato sulla cura dei territori, sui saperi delle comunità, sul piacere della condivisione”. Secondo recenti dati di Unimpresa, il 30% delle attività commerciali di vendita al dettaglio e somministrazione a giugno non avrà le condizioni economiche per ripartire e non riaprirà. Nella ristorazione, in particolare, non si sa ancora bene cosa accadrà alla riapertura: è un settore terribilmente in crisi.

E proprio da alcuni esponenti di questo settore arriva “la richiesta forte di maggiore attenzione a tutto il settore agricolo e alimentare, consapevoli che oltre ai ristoratori e al loro personale, sta andando in crisi anche tutto un mondo di produttori virtuosi di piccola scala, inclusi quelli supportati e messi in rete dai progetti di Slow Food (Presìdi, Mercati della Terra, Comunità di produttori, le reti Slow Beans e Slow Mays, e altre)”.

Tutti questi produttori riescono a mantenere un tipo di produzione fatto di cura e rispetto per la terra e per chi la lavora anche grazie al rapporto privilegiato con la migliore cucina del nostro paese, che ai loro prodotti attinge a piene mani.

Oggi questi produttori registrano cali che arrivano fino al 60% del proprio fatturato in conseguenza della prolungata chiusura dei ristoranti.

Di qui la mobilitazione: “Chiediamo  di estendere il credito di imposta, già previsto per alcune spese legate alla emergenza Covid-19, agli acquisti di prodotti agricoli e di artigianato alimentare di piccola scala legato a filiere locali (dove per locale si intende la dimensione regionale), in una misura pari almeno al 20%, da aumentare al 30% nel caso in cui tali aziende pratichino una agricoltura biologica, biodinamica, o siano localizzate in aree marginali, disagiate e di particolare valore ambientale del nostro Paese”.

A detta dei promotori “un provvedimento come questo rappresenterebbe una grande occasione, economica, sociale e culturale: permetterebbe di innalzare il livello dell’offerta gastronomica italiana, garantendo una maggiore qualità, e al

tempo stesso sosterrebbe e rilancerebbe le piccole e medie aziende agricole locali e il turismo rurale, che vive essenzialmente di paesaggi agrari. Infine, aiuterebbe i ristoratori ad affrontare mesi e forse anni difficili”.

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