martedì, 1 Aprile, 2025
Agroalimentare

Vino italiano a rischio negli Usa: lo spettro dei dazi può costare 6 milioni al giorno

All’interno del Vinitaly, la più grande fiera internazionale dedicata al vino italiano, l’atmosfera tra i produttori è tutt’altro che serena. A preoccupare è la minaccia dei nuovi dazi annunciati dall’amministrazione Trump, che potrebbero arrivare fino al 200% sul vino europeo, gettando nel panico le cantine italiane. Secondo una stima della Consulta Vitivinicola di Coldiretti, il blocco delle spedizioni verso gli Stati Uniti potrebbe costare fino a 6 milioni di euro al giorno, un danno economico immediato al quale si aggiunge un rischio ancora più grave: la perdita del posizionamento strategico del vino italiano sugli scaffali statunitensi, faticosamente conquistato in oltre un decennio.
Il nodo centrale è l’incertezza: il 96% dell’export agroalimentare verso gli Usa viaggia via nave, e la paura è che i carichi partiti prima dell’imposizione dei dazi possano comunque arrivare a destinazione quando le tariffe saranno già in vigore. Questo ha generato un blocco degli ordini da parte degli importatori americani, che ora attendono indicazioni ufficiali da Washington prima di impegnarsi in nuovi acquisti.

Un mercato cruciale

“È una situazione di stallo drammatica – spiega Francesco Ferreri, Presidente della Consulta Vitivinicola – che rischia di farci perdere clienti, volumi e presenza sul mercato. E in un contesto altamente competitivo come quello statunitense, ogni spazio perso è un’occasione per i concorrenti”. Il mercato statunitense è strategico per il vino italiano: negli ultimi dieci anni le esportazioni sono triplicate, facendo degli Stati Uniti il primo mercato extra-europeo per il vino Made in Italy. Una posizione conquistata grazie a una lunga e costosa attività di branding, distribuzione e fidelizzazione dei consumatori.
Secondo l’analisi Coldiretti, un dazio al 200% potrebbe far crollare le esportazioni verso gli Usa fino al 70-80%, con una perdita stimata di almeno un miliardo di euro. A trarne vantaggio sarebbero i concorrenti diretti, in particolare Australia, Cile, Argentina e Sudafrica, che non sarebbero colpiti dalla guerra commerciale in corso.

Preoccupazione

“Il danno strutturale potrebbe essere anche maggiore di quello economico immediato – osserva Ferreri – perché il vino, più di altri prodotti, vive di identità, percezione e continuità. Tornare sugli scaffali dopo essere scomparsi può richiedere anni, se non decenni”. Non è la prima volta che le cantine italiane si trovano sotto la minaccia dei dazi americani. Durante il primo mandato di Donald Trump, il vino fu inizialmente escluso dai provvedimenti che colpirono l’agroalimentare europeo – dai formaggi ai liquori – ma le vendite soffrirono comunque: –6% nel solo 2019, a causa del clima di incertezza e delle difficoltà logistiche.
Oggi, però, la situazione appare ancora più delicata: il peso del vino italiano negli Usa è cresciuto, così come la dipendenza da quel mercato. Inoltre, il rischio attuale riguarda una tariffazione ben più elevata e potenzialmente retroattiva, capace di bloccare i flussi commerciali in entrata e minare la fiducia degli operatori americani.

Il settore chiede garanzie La Coldiretti chiede al governo italiano e all’Unione Europea di intervenire con urgenza sul piano diplomatico per scongiurare l’imposizione dei dazi. L’appello è rivolto anche alla Commissione europea, affinché si apra un tavolo di confronto con l’amministrazione statunitense per proteggere una delle eccellenze simbolo del Made in Italy. “Non possiamo permettere che il vino italiano venga trascinato in una guerra commerciale che danneggia tutti”, sottolineano dalla Coldiretti. “Serve una posizione comune a Bruxelles e un dialogo aperto con Washington”.

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Redazione

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