venerdì, 21 Marzo, 2025
Attualità

Ventotene: che stecca

Vedo con benevolenza la nostra Presidente Giorgia Meloni, che specialmente in campo internazionale ha
confermato la collocazione europeista e atlantica del nostro Paese. Fa benissimo a ricordare che quel sistema di alleanze che viene chiamato comunemente Occidente non può e non deve essere liquidato per
qualche incomprensione o disparità di vedute, al di la´ delle sottolineature di Trump. Anche le cautele che
giustamente la nostra Presidente esprime in materia di impiego dei nostri soldati in missioni di peacekeeping non avallate dall’Onu e la chiarezza con cui ha escluso che gli investimenti in difesa e sicurezza non saranno mai a scapito dei fondi di coesione o di quelli del PNRR li ho molto apprezzati.
Sono invece rimasto freddamente sorpreso dall’intemerata sul “Manifesto di Ventotene” con cui ha
chiuso la sua replica alla Camera al termine del dibattito sul Consiglio Europeo. Non c’è nemmeno
bisogno di sottolineare quanto sia improvvido citare brani di un discorso o di un documento isolandoli dal
loro contesto. Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli scrivono il Manifesto che preconizza l’Europa
Unita nel 1941, nel pieno del più immane conflitto della storia umana, per giunta in un momento precedente
alla decisiva entrata in guerra degli Stati Uniti, un momento nel quale la civiltà europea sembra destinata a soccombere definitivamente alla tirannide.
È un atto titanico, dal punto di vista etico e concettuale, immaginare in quella situazione che i popoli europei
potranno non solo deporre le armi fratricide, ma anche avviare un nuovo operoso cammino di concordia, di
pace e di progresso.
Stupisce che in quelle circostanze parlassero di “dittatura del partito rivoluzionario” e di abolizione
della proprietà privata? Sarebbe come rimproverare alla Meloni il suo affacciarsi alla politica in un partito, il
Movimento Sociale Italiano, che si dichiarava apertamente “antisistema” e non faceva mistero della sua estraneità alle tradizioni e ai valori della Costituzione repubblicana.
Le idee si evolvono e progrediscono, ovunque , sia fra i rivoluzionari che fra i moderati. E la libera Europa
della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio ha costruito ottant’anni di pace, certamente con l’aiuto dell’ombrello americano, ma anche con la forza delle idee di Ventotene e l’opera di statisti cattolici, liberali e
socialdemocratici. Né si può dimenticare che l’Europa Unita è nata in Italia con l’opposizione tanto dei comunisti quanto dell’estrema destra, come testimoniano i voti parlamentari di ratifica dei trattati costitutivi dell’ordine europeo, a cominciare da quelli di Roma.
Anche Colorni, Rossi e Spinelli erano antifascisti non comunisti: socialista il primo, liberale e azionista il
secondo, federalista europeo l’ultimo. Spiriti magni a cui qualunque Capo di Stato o di Governo della libera Europa, e tanto più dell’Italia, deve rivolgere parole di smirata devozione, non certo di sconfessione o di
dileggio. Da cittadino comune sono stupito che la presidente Meloni abbia potuto avere un’uscita così
improvvida, della quale farebbe bene a scusarsi. A meno che non sia vera l’interpretazione maliziosa secondo cui il suo intento era provocare la sinistra per forzare il dibattito politico nella diatriba un po’ stantia
tra fascismo e antifascismo. Spero che non sia vero, perché ci sono idee, valori e snodi della storia che meritano solo rispetto e omaggio, non certo dileggio.
La libera Europa di cui siamo tutti cittadini è nata da quei tre, da quelle parole coraggiose scritte su uno
scoglio inospite. E se Giorgia Meloni non la sente sua, ce ne rammarichiamo molto per lei.

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