mercoledì, 19 Marzo, 2025
Esteri

Gaza, torna la guerra: oltre 400 morti nei raid israeliani

Colpiti gli sfollati a Khan Younis. Ucciso il premier di Hamas, chiuso il valico di Rafah, stop al trasferimento dei malati in Egitto. La protesta dei parenti degli ostaggi

Dopo giorni di incertezza e tentativi diplomatici, la fragile tregua nella Striscia di Gaza si è spezzata. Israele ha ripreso i bombardamenti sull’enclave palestinese in risposta al “rifiuto ripetuto” di Hamas di rilasciare gli ostaggi e accettare le proposte di mediazione statunitensi. Il conflitto si intensifica rapidamente, mentre il bilancio delle vittime cresce vertiginosamente e la comunità internazionale reagisce con crescente preoccupazione. Secondo fonti ufficiali, gli attacchi aerei israeliani sono stati condotti in totale coordinamento con Washington, con l’obiettivo dichiarato di colpire infrastrutture militari di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese. Tra gli obiettivi rasi al suolo, spiccano postazioni di lancio di razzi, depositi di armi e basi operative del gruppo militante. Il governo israeliano ha dichiarato che l’offensiva è stata ordinata dopo il fallimento dei negoziati condotti dal mediatore americano Steve Witkoff. “Hamas avrebbe potuto prolungare il cessate il fuoco liberando gli ostaggi, ma ha scelto il rifiuto e la guerra”, ha affermato Brian Hughes, portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. La risposta del gruppo palestinese non si è fatta attendere: Hamas ha accusato il premier israeliano Benjamin Netanyahu di aver “deciso di sacrificare gli ostaggi per fini politici”.

Il bilancio, vittime di alto profilo

Gli attacchi hanno avuto conseguenze devastanti. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, i raid hanno causato oltre 400 morti e più di 500 feriti, con molti corpi ancora intrappolati sotto le macerie. Tra le vittime, oltre 130 bambini e numerose donne, come riportato dalla CNN. Gli ospedali della Striscia sono al collasso, con strutture sanitarie sovraccariche e privi delle risorse necessarie per far fronte all’emergenza. A peggiorare la situazione, Israele ha ordinato la chiusura del valico di Rafah, impedendo il trasferimento dei malati in Egitto e bloccando l’ingresso di aiuti umanitari essenziali. L’organizzazione Medici Senza Frontiere ha descritto il pronto soccorso dell’ospedale Nasser come “un inferno di corpi martoriati, ustionati e amputati, con i medici costretti a prendere decisioni strazianti su chi curare per primo”. Nel corso dei raid israeliani sono stati uccisi alti funzionari di Hamas, tra cui Issam Da’alis, premier del governo di Gaza, e Mahmoud Abu Watfa, ministro degli Interni. Anche Bahjat Abu Sultan, un alto esponente del ministero dell’Interno, e Ahmad Al-Khatta, direttore generale del ministero della Giustizia, sono stati eliminati. Israele giustifica l’operazione come un attacco mirato contro i vertici del gruppo, ma Hamas risponde accusando lo Stato ebraico di “una strategia di sterminio” per consolidare il potere di Netanyahu. “Per il premier israeliano, la guerra è una strategia di sopravvivenza politica”, sostiene il movimento palestinese.

Le reazioni in Israele

In Israele, la ripresa dell’offensiva è accolta con toni contrastanti. Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha difeso l’operazione, sottolineando che “senza il rilascio degli ostaggi, Israele non ha altra scelta”. L’estrema destra, rappresentata da Itamar Ben-Gvir, ha esultato per il ritorno della guerra, definendolo “il passo giusto e morale per distruggere Hamas”. La sua formazione politica, Otzma Yehudit, ha ufficialmente riabbracciato la coalizione di governo di Netanyahu, da cui si era distaccata per protesta contro la precedente tregua. Ma non tutti condividono questa linea. Omer Wenkert, ex ostaggio di Hamas, ha denunciato la decisione come “pericolosa e senza considerazione per chi è ancora prigioniero”. Le famiglie degli ostaggi hanno annunciato proteste a Gerusalemme, accusando il governo di “aver abbandonato i loro cari e di non cercare soluzioni diplomatiche”.

Pressioni internazionali

La comunità internazionale ha reagito con sgomento. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, si è detto “scioccato” dai bombardamenti e ha esortato a un immediato ritorno al cessate il fuoco. L’Unione Europea ha condannato l’azione israeliana, invitando Israele “alla moderazione” e Hamas “a liberare gli ostaggi”. La Francia ha chiesto la “cessazione immediata” delle ostilità, mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accusato Israele di “politica genocida”. Anche il Regno Unito ha criticato i bombardamenti, con il ministro degli Esteri David Lammy che ha denunciato “la sospensione degli aiuti umanitari come una violazione del diritto internazionale”.

Escalation regionale

Mentre il conflitto tra Israele e Hamas si intensifica, altre tensioni minacciano di espandere la crisi. Gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi contro obiettivi Houthi nello Yemen, causando oltre 50 morti, mentre l’esercito israeliano ha colpito con droni postazioni di artiglieria nel sud della Siria. L’ONU ha espresso “profonda preoccupazione” per il rischio di un’escalation su scala regionale.

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