giovedì, 13 Marzo, 2025
Esteri

A Doha il piano Usa e taglio aiuti al Cairo. Estensione della tregua per due mesi e liberazione della metà degli ostaggi vivi

600mila senza acqua nella Striscia. Arresti in Cisgiordania

Nonostante la tregua in corso, la Striscia di Gaza continua a essere teatro di raid da parte dell’IDF mentre sul fronte diplomatico si lavora a una possibile estensione del cessate il fuoco, con nuovi sviluppi nei rapporti tra Israele, Hamas e i mediatori internazionali. Steve Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, è arrivato ieri in Qatar per partecipare ai colloqui indiretti tra Israele e Hamas. L’obiettivo è prolungare il cessate il fuoco e ottenere la liberazione di almeno metà degli ostaggi ancora vivi. Witkoff ha lodato gli sforzi di mediazione del Qatar, riconoscendo anche il ruolo di Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti nel processo. Secondo il notiziario Channel 12, i mediatori hanno lanciato un ultimatum ad Hamas: rilasciare dieci ostaggi in cambio di una tregua di sessanta giorni. Un funzionario israeliano ha dichiarato al Times of Israel che i colloqui si concentrano sulla cosiddetta “proposta Witkoff”, che prevede una tregua di due mesi, con il rilascio graduale degli ostaggi e il possibile cessate definitivo delle ostilità. Israele è pronto a interrompere i negoziati se non ci saranno progressi concreti. Hamas potrebbe accettare l’estensione senza accedere alla seconda fase dell’accordo, ma chiede in cambio la liberazione di prigionieri palestinesi detenuti da Israele.

Situazione sul Campo

Nonostante i tentativi diplomatici, tuttavia, la situazione sul campo resta critica. L’IDF ha intensificato le operazioni in Cisgiordania, arrestando dodici palestinesi sospettati di terrorismo e sequestrando un’ingente quantità di armi ed esplosivi. Le forze israeliane hanno anche distrutto strade per impedire l’uso di ordigni esplosivi improvvisati. Solo nelle ultime 48 ore, le operazioni hanno portato alla morte di quattro palestinesi, tra cui una donna. A Gaza, oltre 600.000 persone sono rimaste senza acqua a seguito del taglio dell’energia elettrica deciso da Israele. Questa mossa ha scatenato dure reazioni da parte della comunità internazionale, che accusa Tel Aviv di aggravare la crisi umanitaria nella Striscia. Nel frattempo, i ribelli Houthi dello Yemen hanno annunciato la ripresa degli attacchi contro le navi israeliane, dopo la scadenza del termine concesso per la ripresa della distribuzione di aiuti umanitari a Gaza. La tensione si estende dunque oltre i confini palestinesi, con il rischio di un’escalation nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden.

Anp contro Hamas

Parallelamente l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ha condannato i contatti diretti tra Hamas e gli Stati Uniti, definendoli una violazione dell’unità palestinese e della legge contro le comunicazioni con soggetti stranieri. L’ANP, guidata da Abu Mazen, teme che tali negoziati possano minare il piano egiziano per la gestione della Striscia di Gaza nel dopoguerra e ha chiesto a Hamas di riconsegnare il controllo del territorio all’ANP. Da parte sua anche il premier Israeliano Netanyahu, sebbene per motivi ovviamente differenti, si è detto contrario a trattative parallele tra l’organizzazione palestinese e l’amministrazione Trump.

Libano: spiragli di dialogo?

In uno sviluppo inatteso, Israele ha rilasciato cinque prigionieri libanesi come gesto di apertura nei confronti del neoeletto presidente libanese Joseph Aoun. Contestualmente, Tel Aviv ha annunciato l’intenzione di avviare colloqui diplomatici con Beirut, con il supporto di Stati Uniti e Francia. Il focus delle trattative sarà la demarcazione dei confini e il futuro dei detenuti libanesi ancora in mano israeliana. Secondo un alto funzionario israeliano, l’obiettivo è una progressiva normalizzazione delle relazioni con il Libano.

Pressioni Usa sul Cairo

Sul fronte egiziano, gli Stati Uniti hanno comunicato la decisione di ridurre gli aiuti militari annuali al Cairo, attualmente pari a 1,3 miliardi di dollari. Questa mossa, interpretata come un tentativo di pressione, mira a spingere l’Egitto a cooperare maggiormente con il piano statunitense per Gaza. Il governo egiziano ha criticato la decisione, sottolineando il rischio che un’ulteriore destabilizzazione della regione possa avere conseguenze negative per la sicurezza dell’intero Medio Oriente.

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