Il giorno in cui Geslain Luma, un immigrato haitiano di 29 anni, ha saputo di aver ottenuto lo status di protezione temporanea (TPS) per rimanere negli Stati Uniti è coinciso con l’annuncio del presidente Donald Trump sull’intenzione di ridurre il programma. Per oltre 15 anni, il TPS è stato un sostegno per migliaia di haitiani, consentendo loro di lavorare legalmente negli USA e di evitare l’espulsione. Dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel 2021, Haiti è sprofondata in un vortice di caos: bande armate hanno preso il controllo di gran parte di Port-au-Prince, alimentando violenza, instabilità e una grave crisi umanitaria. Negli ultimi 12 mesi, più di 5.600 persone sono state uccise e 1.400 rapite negli scontri tra bande. Questa situazione di insicurezza ha lasciato un milione di persone senza una casa, costringendole a vivere in rifugi di fortuna e peggiorando ulteriormente le già drammatiche condizioni economiche del Paese. Con la decisione dell’amministrazione Trump di porre fine al TPS entro agosto 2025, circa 500.000 immigrati haitiani negli USA affrontano un futuro incerto. Molti si troveranno a dover scegliere tra lottare per ottenere uno status legale o prepararsi a tornare in un Paese devastato dalla crisi. A New York City e nelle aree circostanti, dove vivono almeno 160.000 haitiani, la comunità ha creato legami profondi, in particolare a Brooklyn. La Evangelical Crusade Christian Church, situata nel quartiere di Flatbush, è stata per decenni un punto di riferimento per gli immigrati haitiani arrivati negli Stati Uniti dopo il devastante terremoto del 2010, che ha causato la morte di oltre 200.000 persone e lasciato circa 1,3 milioni senza casa. Grazie al TPS, hanno intrapreso un percorso verso la stabilità per ricostruire le proprie vite. I gruppi di difesa degli immigrati stanno facendo pressione per ottenere un’azione legislativa che garantisca una via alla residenza permanente per chi vive negli USA da anni.
