Il settore del vino vale all’incirca 11 miliardi di euro. Il nostro paese – con 50,4 milioni di ettolitri nel 2019 – si è confermato, per il quarto anno consecutivo, primo produttore al mondo. Se questi sono, in estrema sintesi, i numeri be si può comprendere perché i nostri “cugini” francesi stanno mettendo una strategia commerciale che mira a toglierci il prima.
Come? Il 25 marzo scorso il sito “winebusiness”, conosciuto a livello internazionale ha annunciato che in Francia i vignaioli naturali, al termine di una battaglia durata quasi dieci anni, hanno ottenuto il riconoscimento formale, da parte delle autorità d’Oltralpe, all’esistenza del “vino naturale”.
Dal momento che le attuali regolamentazioni europee proibiscono l’uso del termine “vini naturali” le autorità francesi hanno deciso di aggirare l’ostacolo legislativo creando una nuova denominazione “vin méthode nature”, stabilendo un elenco di criteri e un protocollo di screening dedicati, messo a punto dal neonato Sindacato del vino naturale, nato a novembre 2019 e presieduto dal vignaiolo della Loira Jacques Carroget. I produttori che decidono di far parte di questa denominazione avranno il permesso di mettere un’etichetta su ogni bottiglia con la scritta “vin methode nature”.
Per poter utilizzare la dicitura, il vino deve essere prodotto da uve raccolte a mano da viti biologiche certificate e prodotto con un lievito indigeno.
Durante il processo di vinificazione tutte le pratiche di filtrazione a flusso incrociato sono vietate, come sono altresì proibite pastorizzazioni flash, termovinificazione e osmosi inversa. Sono ammessi fino a 30 milligrammi per litro di solfiti in tutti i tipi di vino. E per distinguere tra vini naturali che contengono solfiti e vini naturali che invece ne sono privi, sono stati creati due loghi appositi. Ogni anno una commissione controllerà i vini che hanno richiesto la denominazione; se non conforme ai parametri stabiliti, il vino dovrà essere commercializzato con un marchio diverso, così da non indurre in errore i consumatori;
Si prevede che nei prossimi mesi si troveranno questi loghi sulle bottiglie prodotte da un centinaio di aziende francesi (ma anche da un paio di vignaioli italiani e altrettanti spagnoli), per un totale di 1.000 ettolitri di vino, già certificato e conforme alle regole stabilite dal Sindacato del vino naturale.
Questa iniziativa potrebbe creare una concorrenza sleale fra i produttori di vino europei, già duramente provati dall’emergenza legata al coronavirus, e confusione fra i consumatori che potrebbero essere fuorviati dalla presenza di un’etichetta con termini non riconosciuti a livello europeo.
Con ristoranti, bar, enoteche di tutto il mondo chiusi molte aziende sono in difficoltà.
Dall’inizio dell’emergenza coronavirus il numero di bottiglie rimaste ferme in cantina è in continuo aumento, anche se alcune produzioni d’eccellenza, hanno già visto esaurire le scorte.
Il quadro è quanto mai delicato da richiedere un intervento del governo.
Ecco perché opportunamente la deputata leghista Aurelia Bubisutti ha presentato una interrogazione al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova per sapere “se sia a conoscenza di questa iniziativa francese”; “come intenda procedere, nelle opportune sedi europee, al fine di contrastare questo riconoscimento del vino naturale francese che può essere fuorviante per il consumatore e, altresì, contrario alle disposizioni europee” e “quali iniziative intenda mettere in campo per tutelare i vini italiani, soprattutto in questo momento di emergenza, visto che le aziende vitivinicole italiane producono vini di alta qualità, rinomati in tutto il mondo”. Non ci resta che attendere la replica dell’esponente di Italia Viva.