A tre anni dall’invasione russa e in seguito alle accuse di Trump che lo ha definito un dittatore non eletto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di essere pronto a lasciare la sua carica: “Se servisse che io lasci questa sedia per far entrare l’Ucraina nella NATO, lo farei immediatamente”. Durante il forum Ucraina: Anno 2025, Zelensky ha risposto a una domanda sulle richieste di garanzia da parte di Trump ribadendo che il suo unico obiettivo è la sicurezza dell’Ucraina e che il suo mandato non è dettato dall’ambizione personale ma dalla necessità di garantire la protezione del paese. Nel frattempo, le tensioni con gli Stati Uniti restano alte, con l’amministrazione Trump che pretende un accordo sulle terre rare e minaccia di ridurre il supporto a Kiev. In questo contesto fonti vicine ai negoziati tra Washington e Kiev avevano indicato che gli Stati Uniti avrebbero minacciato di escludere l’Ucraina dall’accesso a Starlink se Zelensky non avesse accettato l’accordo sulle risorse minerarie. Il sistema di telecomunicazioni satellitari Starlink di Elon Musk si è rivelato fondamentale per l’esercito di Kiev; perciò il il ministro della Difesa Rustem Umerov ha annunciato che “Stiamo già lavorando su questo. Le alternative esistono”. Tuttavia, Musk ha smentito l’indiscrezione, definendo “falsa” la notizia diffusa da Reuters e accusando l’agenzia di “mentire sistematicamente”.
Il nodo delle terre rare
Gli Stati Uniti stanno comunque spingendo molto per un accordo che garantisca loro l’accesso a risorse naturali dell’Ucraina, tra cui titanio e terre rare, stimate in circa 350 miliardi di dollari. Molte delle ‘terre rare’ si trovano in territori attualmente occupati dalla Russia, ma Zelensky ha finora rifiutato di firmare. Secondo il New York Times, la nuova proposta americana sarebbe ancora più severa della precedente, chiedendo a Kiev di cedere metà degli introiti derivanti dallo sfruttamento minerario, inclusi quelli da gas e petrolio. L’Ucraina vede l’intesa come un modo per convincere gli USA a mantenere il sostegno militare, ma la bozza attuale, datata 21 febbraio, non include le tutele concrete contro future aggressioni russe che Kiev chiede.
Da una parte il presidente americano Donald Trump ha chiarito la sua posizione al CPAC, ribadendo che gli Stati Uniti hanno investito enormi somme nell’assistenza all’Ucraina e ora vogliono qualcosa in cambio. “Vogliamo indietro i nostri soldi. Terre rare, petrolio, qualsiasi cosa possiamo ottenere”, ha dichiarato, sottolineando la necessità di chiudere un accordo vantaggioso per Washington. Dall’altra parte Mosca continua a rifiutare qualsiasi negoziato che preveda il ritorno dei territori annessi. “Non venderemo mai i territori ucraini che occupiamo”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ribadendo che le popolazioni delle aree occupate “hanno scelto di unirsi alla Russia”.
La retorica della “missione sacra”
Segnando quello che appare come un passo ulteriore nel fanatismo della sua retorica di guerra, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato in occasione del Giorno dei difensori della patria che l’invasione dell’ucraina è una “missione voluta da Dio”, anzi “si potrebbe persino dire che una missione così difficile ma onorevole è ricaduta sulle nostre spalle: difendere la Russia”, ha detto Putin. “Stiamo lottando per la nostra patria e faremo di tutto, voi e coloro che vi sono vicini, faremo tutti di tutto per trasmetterla alle generazioni future, ai nostri figli, ai nostri nipoti”. Per questo il presidente ha promesso di rafforzare ulteriormente l’esercito e la marina per garantire la sovranità della Russia., “Continueremo a rafforzare il potenziale di combattimento (…) sulla base dell’analisi dell’uso tattico delle armi e delle attrezzature, continueremo a fornire alle Forze Armate nuovi modelli all’avanguardia”. Sullo stesso tono il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che affermato che la decisione di invadere l’Ucraina è stata “giusta e inevitabile”, descrivendo il conflitto come una guerra contro “il neonazismo occidentale”. Come per sancire questa retorica, ieri l’Ucraina ha registrato l’attacco record con 267 droni Shahed lanciati dalle forze russe, il più massiccio mai registrato dall’inizio della guerra.
L’Ue ribadisce il sostegno a Kiev
Parallelamente l’Unione Europea continua a garantire supporto finanziario e militare all’Ucraina. La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha confermato che l’Europa resterà “incrollabile” nel suo sostegno a Kiev, sottolineando che la cooperazione con gli Stati Uniti resta essenziale per una pace duratura. Anche il Regno Unito ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, il più grande dall’inizio del conflitto, per colpire l’economia di guerra di Putin. Londra si è inoltre impegnata a fornire 3 miliardi di sterline all’anno all’Ucraina e si è detta disponibile a contribuire con truppe a una futura forza di pace.