domenica, 23 Febbraio, 2025
Esteri

Terre rare, non c’è l’intesa. Usa pronti a tagliare a Kiev l’accesso a Starlink

Fonte trumpiana al New York Post: "Zelensky in esilio in Francia". Usa presentano risoluzione Onu senza citare integrità territoriale ucraina.

I negoziati tra Ucraina e Stati Uniti per l’accordo sulle terre rare e i minerali strategici si complicano. Il presidente Volodymyr Zelensky non è disposto a firmare l’intesa nella sua attuale formulazione, ritenendola troppo sbilanciata a favore di Washington. Intanto, emergono ipotesi di ritorsioni da parte degli Usa, tra cui il possibile taglio dell’accesso di Kiev al sistema Starlink di Elon Musk. Secondo Sky News UK, il governo ucraino considera problematici alcuni aspetti della bozza di accordo proposta dagli Stati Uniti. “L’intesa non rispecchia un vero partenariato ma impone un impegno unilaterale all’Ucraina”, avrebbe riferito una fonte vicina ai negoziati. Questo stallo ha provocato pressioni da parte americana, con Washington decisa a chiudere rapidamente il dossier. D’altra parte secondo un’inchiesta di Reuters, l’amministrazione Usa avrebbe minacciato di interrompere l’accesso dell’Ucraina al sistema Starlink se Zelensky non accetterà l’accordo sui minerali. Tre fonti informate hanno confermato che la questione è stata sollevata in diversi incontri tra funzionari americani e ucraini, con Kiev avvertita del rischio di un’imminente sospensione del servizio. Starlink, ritenuto essenziale per le comunicazioni militari e civili ucraine, rappresenta un’infrastruttura strategica che Kiev non può permettersi di perdere.

Zelensky in esilio

In un quadro di rapporti sempre più tesi tra Zelensky e l’amministrazione Trump, mentre da una parte, secondo l’agenzia russa RIA, Mosca e Washington potrebbero avere un secondo incontro nelle prossime settimane, dall’altra il New York Post riporta indiscrezioni secondo cui il presidente ucraino potrebbe essere costretto all’esilio in Francia. Una fonte vicina a Trump ha ipotizzato che questa potrebbe essere “la soluzione migliore per Zelensky e per il mondo”. Lo stesso Donald Trump ha ribadito la sua posizione critica nei confronti di Zelensky, dichiarando a Fox News Radio che il leader ucraino non è necessario ai colloqui con la Russia. “Non è una priorità, ha gestito male i negoziati finora”, ha affermato l’ex presidente, sottolineando come la guerra avrebbe potuto essere evitata con una strategia diplomatica diversa. “La Russia avrebbe potuto essere convinta a non farlo”, ha aggiunto Trump, criticando anche Joe Biden per le sue dichiarazioni pre-invasione. Da parte sua il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha confermato che esiste “un accordo di principio” per avviare nuove consultazioni, mentre il Cremlino ha lasciato intendere che un faccia a faccia tra Trump e Putin potrebbe avvenire a breve.

La risoluzione Usa all’ONU

Parallelamente gli Stati Uniti hanno presentato una risoluzione alle Nazioni Unite che chiede la “rapida fine del conflitto”, ma senza menzionare l’integrità territoriale dell’Ucraina. La bozza proposta da Washington contrasta con quella sostenuta da Kiev e dall’Unione Europea, che ribadisce la responsabilità della Russia per l’invasione e chiede un ritiro immediato delle truppe russe. Invece il rappresentante russo all’ONU, Vassily Nebenzia, ha accolto con favore la proposta americana, pur sostenendo che non affronta le cause del conflitto.

Duello tra USA e UE sugli aiuti a Kiev

La risoluzione si inserisce quindi nel quadro di una rottura più profonda. In tre anni di guerra, gli alleati di Kiev hanno stanziato complessivamente circa 267 miliardi di euro. Gli Stati Uniti rivendicano il primato come principali finanziatori, mentre l’Unione Europea sostiene di aver fornito il maggiore sostegno complessivo: “l’Europa fa più di tutti” ha replicato a Trump Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Secondo un rapporto del Kiel Institute, l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno infatti erogato un totale di 132 miliardi di euro, mentre gli Stati Uniti hanno stanziato 114 miliardi. I paesi scandinavi e baltici si sono distinti per il loro contributo in rapporto al PIL: Estonia e Danimarca hanno destinato oltre il 2,5% del loro PIL a sostegno dell’Ucraina. Al contrario, economie più grandi come Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno investito meno dello 0,2% del loro PIL annuo. L’Economist evidenzia il peso geopolitico di questi aiuti: mentre Lettonia e Lituania, a meno di 1.000 km da Mosca, hanno investito il 2% del loro PIL in aiuti a Kiev, il Giappone – pur distante dalla Russia – ha superato Francia, Italia e Spagna in termini assoluti di assistenza. Questa competizione tra Washington e Bruxelles rende incerto il futuro della regione, ma è chiaro che i giochi politici internazionali rischiano di lasciare Kiev in una posizione sempre più fragile.

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