Con un fatturato aggregato di oltre 28 miliardi di euro, l’eventuale integrazione tra Poste Italiane e Tim farebbe nascere il nuovo gigante italiano delle telecomunicazioni e dei servizi digitali. La nuova entità, che unirebbe l’ex monopolista delle telecomunicazioni con il leader nazionale nei servizi finanziari e postali, conterebbe su una base clienti di oltre 34,6 milioni di utenti mobili e una rete di oltre 12.700 sportelli fisici, diventando così l’operatore con la maggiore capillarità territoriale in Italia. L’integrazione potrebbe avvenire attraverso una joint venture per la telefonia mobile o una graduale fusione degli asset, per evitare di compromettere la solidità finanziaria di Poste. Con oltre 167.000 dipendenti e un’offerta diversificata che spazia dalla telefonia ai servizi digitali, dalla logistica ai pagamenti elettronici, il nuovo soggetto si candiderebbe a diventare un nuovo polo strategico per il settore tecnologico italiano, con un ruolo chiave anche nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione.
È quanto spiega un report del Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato le prospettive di una possibile alleanza tra Tim e Poste Italiane, secondo cui, alla luce dei dati finanziari delle due aziende, emerge un quadro di opportunità e criticità che merita un’attenta valutazione da parte degli stakeholder economici e istituzionali: la fusione tra Tim e Poste Italiane porterebbe alla creazione di un operatore integrato in grado di competere su più fronti: telefonia fissa e mobile, servizi finanziari, pagamenti digitali e logistica; l’operazione potrebbe rafforzare la presenza di Poste Mobile nel settore delle telecomunicazioni, trasformandolo da operatore virtuale a provider con infrastruttura propria, mentre Tim potrebbe beneficiare dell’ampia rete di distribuzione di Poste Italiane per consolidare la propria offerta commerciale.
Settore in evoluzione
Dal punto di vista finanziario, la nuova realtà erediterebbe da Tim un Ebitda di 5,7 miliardi di euro e una rete domestica che genera oltre 11,9 miliardi di ricavi, mentre Poste Italiane porterebbe in dote un Ebit record di 2,62 miliardi di euro e una posizione finanziaria più solida; la newco potrebbe generare economie di scala significative attraverso la razionalizzazione dei costi operativi e la sinergia tra le rispettive infrastrutture digitali e fisiche. Resta da affrontare la questione del debito di Tim, che ammonta a 25,7 miliardi di euro, una delle principali sfide della fusione. “L’operazione, che potrebbe ricevere il rapido via libera del governo e delle autorità regolatorie nelle prossime settimane, segnerebbe una svolta epocale nel panorama delle telecomunicazioni italiane, dando vita a un operatore nazionale con la forza di unire innovazione e capillarità territoriale. L’ipotesi di un’operazione tra Tim e Poste Italiane presenta elementi di interesse industriale, ma anche rischi finanziari e regolatori non trascurabili. Il settore delle telecomunicazioni è in evoluzione e, in questo contesto, qualsiasi operazione dovrà essere attentamente ponderata, tenendo conto dell’interesse degli azionisti, del governo e soprattutto del mercato” commenta il Presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara”.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il settore delle telecomunicazioni in Italia è attraversato da una fase di consolidamento: dopo la recente aggregazione tra Fastweb e Vodafone Italia, il mercato si interroga sulle prossime mosse dei principali operatori. Tim, con la recente cessione della rete fissa al fondo KKR, si è trasformata in una società di servizi, mentre Poste Italiane, da anni presente nel settore con Poste Mobile, continua a diversificare il proprio portafoglio di attività, ampliando la gamma di servizi digitali e logistici.
Bilancio annuale
Quanto alle condizioni finanziarie di Tim, l’ultimo bilancio annuale, quello del 2023, evidenzia alcuni aspetti chiave: la cessione della rete fissa rappresenta una svolta epocale per il gruppo, che ora opera esclusivamente come service provider; il debito netto rettificato si attesta a circa 25,7 miliardi di euro, un fardello significativo che condiziona la capacità di investimento e crescita dell’azienda; l’Ebitda è in crescita del 5,7% e i ricavi aumentano del 3,1%, ma il risultato netto rimane negativo, con una perdita di 1,1 miliardi di euro; Tim ha ottenuto una sentenza favorevole della Corte d’Appello di Roma per un credito di 1 miliardo di euro dal governo, che potrebbe contribuire a migliorare la posizione finanziaria. A confronto, Poste Italiane si presenta con una situazione economico-finanziaria decisamente più robusta: Ebit record di 2,62 miliardi di euro nel 2023, con un incremento rispetto all’anno precedente; una strategia di crescita che spazia dalla logistica ai pagamenti digitali, passando per il settore energetico e la telefonia; forte generazione di cassa e capacità di investimento senza i vincoli di un elevato indebitamento; presenza capillare sul territorio e una base clienti altamente fidelizzata, che ne fanno un punto di riferimento per i servizi finanziari e postali. L’operazione nascerebbe, comunque con molte variabili. Un’eventuale combinazione tra Tim e Poste Italiane presenterebbe, infatti, vantaggi e criticità. Vi sono possibili sinergie: Poste potrebbe rafforzare il proprio segmento telecom e trasformare Poste Mobile da Mvno a operatore con infrastruttura propria; l’operazione potrebbe godere del favore del governo, che considera strategico il settore delle telecomunicazioni; Poste Italiane potrebbe fornire un contributo importante per la stabilizzazione finanziaria di Tim, garantendo solidità e sostenibilità industriale a lungo termine. Esistono, al contempo, criticità da valutare: il peso del debito di Tim resta un elemento critico: Poste Italiane dovrà valutare con attenzione i rischi finanziari di un’integrazione; aspetti attinenti la regolamentazione e concorrenza, perché un’operazione di tale portata richiederebbe l’approvazione dell’Antitrust e dell’Autorità per le telecomunicazioni; modelli di business differenti, considerando che Tim e Poste operano con strategie industriali e mercati di riferimento differenti, e l’eventuale fusione o partnership dovrà garantire un’efficace integrazione operativa.
Sul piano strettamente economico e finanziario, un’operazione di aggregazione tra Tim e Poste Italiane avrebbe un peso rilevante, considerando il volume d’affari complessivo e la customer base delle due società nel comparto telefonico. Attualmente, Tim serve 30,1 milioni di linee mobili e 7,9 milioni di clienti nel segmento della rete fissa, posizionandosi come il principale operatore di telefonia in Italia per numero di clienti, pur in un mercato altamente competitivo. Poste Mobile, attualmente operante come MVNO (operatore virtuale), conta 4,5 milioni di clienti mobili e si è affermata come un player solido nel segmento della telefonia a basso costo. L’eventuale integrazione tra i due soggetti porterebbe a una customer base combinata di oltre 34,6 milioni di utenti mobili, rafforzando la presenza di Poste nel settore delle telecomunicazioni e riducendo la dipendenza dai contratti di roaming con altri operatori. Dal punto di vista del fatturato, Tim ha registrato nel 2023 ricavi per 16,3 miliardi di euro, di cui 11,9 miliardi generati dalle attività domestiche.
L’EBITDA
L’EBITDA si attesta a 5,7 miliardi di euro, con una crescita del 5,7%, ma il peso dell’indebitamento (25,7 miliardi) continua a essere una zavorra finanziaria significativa. Poste Italiane, invece, ha chiuso il 2023 con un fatturato di circa 12 miliardi di euro e un EBITDA in forte espansione, con una redditività elevata e una posizione finanziaria nettamente più solida. Sul piano industriale, la combinazione delle due realtà potrebbe determinare una razionalizzazione dei costi operativi, in particolare nella distribuzione commerciale e nella gestione della rete di vendita. Poste Italiane, grazie alla sua capillarità territoriale con oltre 12.700 uffici postali, potrebbe diventare un canale primario per la distribuzione dei servizi di Tim, riducendo la necessità di investire in negozi monomarca e potenziando il presidio della clientela attraverso sportelli già consolidati. D’altro canto, il debito di Tim rappresenta il principale ostacolo a un’eventuale operazione. Un’aggregazione dovrebbe essere strutturata in modo da non compromettere la solidità finanziaria di Poste, che è attualmente un’azienda con una gestione prudente delle risorse e una forte capacità di generazione di cassa. L’eventuale operazione potrebbe avvenire attraverso un’acquisizione parziale di Tim da parte di Poste o un’alleanza industriale che preveda la creazione di una joint venture per la telefonia mobile, senza che Poste debba farsi carico direttamente dell’intero indebitamento di Tim. Infine, un ulteriore elemento di valutazione riguarda l’impatto occupazionale. Tim conta attualmente 47.180 dipendenti, mentre Poste Italiane ha una forza lavoro di circa 120.000 persone. Qualsiasi ipotesi di aggregazione dovrebbe essere attentamente valutata per evitare sovrapposizioni di ruoli e possibili esuberi, aspetto che potrebbe rendere necessarie misure di razionalizzazione del personale. La dimensione economica di un’aggregazione tra Tim e Poste Italiane sarebbe significativa, con un incremento della base clienti, economie di scala nel settore retail e potenziali sinergie industriali. Tuttavia, il peso del debito di Tim e la compatibilità dei modelli di business restano le principali sfide da affrontare prima di una possibile operazione.