Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, ha avvertito che se gli Stati Uniti continueranno a interferire con le sue politiche, Caracas risponderà “liberando” Porto Rico. Questo, nonostante la maggior parte dei portoricani abbia espresso, in un referendum non vincolante, il desiderio di diventare parte degli USA. Un messaggio non ben accolto dal presidente eletto Donald Trump, a soli dieci giorni dal suo insediamento. Gli esperti in Venezuela e gli osservatori dell’America Latina all’estero considerano questo tipo di retorica un assaggio di una relazione complessa tra Washington e Caracas durante gli anni di Trump 2.0, concentrata probabilmente su petrolio, migrazione e ideologia. Il Venezuela possiede le maggiori riserve petrolifere del mondo e fornisce greggio agli USA. Inoltre, c’è la questione del suo governo socialista autoritario, diametralmente opposto al movimento MAGA di Trump. La governatrice di Porto Rico, Jenniffer Gonzalez, ha condannato le parole di Maduro come “una minaccia di aggressione militare contro gli USA e un incitamento contro la pace e la stabilità nella nostra regione”. Tuttavia, Indira Urbaneja, consulente politica vicina al governo venezuelano, ha dichiarato che si trattava “più di una provocazione che altro”. Secondo Urbaneja, il vero intento di Maduro potrebbe essere stato semplicemente quello di attirare l’attenzione di Trump e avviare un dialogo diretto con la nuova amministrazione. Maduro è accusato dal Dipartimento di Giustizia di presunti reati legati al narcotraffico e al riciclaggio di denaro. In un breve post sui social media, Trump ha definito i leader dell’opposizione venezuelana “combattenti per la libertà”, a dimostrazione del suo sostegno alla causa democratica. Tuttavia, alcuni lobbisti statunitensi stanno facendo una campagna affinché la nuova amministrazione collabori con Caracas su questioni di petrolio e migrazione.