Ieri, in un’udienza all’interno dell’Aula Paolo VI in Vaticano, il Papa ha fatto un appello sentito ai rappresentanti delle principali associazioni educative cattoliche italiane. Incontrando l’Associazione italiana maestri cattolici (Aimc), l’Unione cattolica italiana insegnanti, dirigenti, educatori e formatori (Uciim) e l’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc), il Santo Padre ha delineato i parametri per un impegno educativo basato sulla pace, sull’inclusione e sulla creazione di una cultura della responsabilità. Francesco ha aperto il suo discorso ricordando che “l’educazione è una missione eminente della Chiesa”, parlando del metodo divino di ‘insegnamento’: vicinanza, compassione e tenerezza. “Dio ci insegna questo linguaggio attraverso la vita e l’amore, ponendo al centro l’essenziale, l’umiltà e l’accettazione”. Questi valori dovrebbero essere riflessi dalla scuola, che diventa così un luogo in cui viene riconosciuta la dignità di ogni persona e in cui ogni generazione è in grado di comunicare per affrontare le sfide comuni.
Bergoglio, nel suo discorso di sette minuti, ha sollecitato la necessità urgente di una nuova cultura basata su incontri tra generazioni, l’inclusione sociale e il bene comune: “La scuola è capace di sognare la pace, è capace di stabilire le fondamenta di un mondo più giusto e fraterno”. Ma ha avvertito contro i comportamenti che lavorano contro tale obiettivo, come il bullismo: “Mai farlo, questo non prepara alla pace, prepara alla guerra”.
La famiglia e la scuola
Un tema che ha attraversato il discorso è stato la centralità della famiglia nell’educazione. Il Santo Padre ha raccontato una storia su una famiglia riunita attorno a un tavolo di un ristorante, ma assorbita dai propri cellulari: “In famiglia si parla. Il dialogo è quello che fa crescere”. Ha poi riaffermato che la famiglia e la scuola devono lavorare insieme sul principio e fondamento che ogni fase della vita ha la sua importanza, e coltivare lo spirito di speranza soprattutto nella generazione giovane. Il Papa ha anche collegato l’educazione al percorso del Giubileo, che si celebra quest’anno: “Un buon insegnante è un uomo o una donna di speranza”, ha detto, aggiungendo che quest’ultima è il motore che sostiene l’insegnante anche in mezzo alle sfide. Ha chiesto a professori e genitori di vedere la realtà con fiducia e di capire che tutti gli sforzi didattici contribuiscono al bene pubblico.
“La speranza non delude”, ha aggiunto, come per differenziarla dall’ottimismo: “È radicata nella realtà e apre i cuori e le menti alla bellezza eterna”. Ha poi sottolineato la necessità di creare una cultura della responsabilità collettiva per affrontare le sfide globali, incluse le crisi ambientali, sociali ed economiche.
Educazione e pace
Francesco ha insistito sull’importanza di fare rete tra associazioni educative per testimoniare il volto della Chiesa nella scuola. “Solo camminando insieme possiamo migliorare la scuola, che è per sua natura una comunità bisognosa del contributo di tutti”, le sue parole. Ha quindi esortato le associazioni a rinnovarsi, affrontando con coraggio le sfide del presente, come la trasformazione digitale e l’isolamento delle famiglie nel loro compito educativo.
Una missione per il futuro
Sempre ieri il Papa ha ricevuto le Missionarie della Scuola dell’Unione Santa Caterina da Siena, ricordando loro l’importanza di tre atteggiamenti: santità, preparazione e affabilità: “La santità non spaventa; è la nostra vocazione comune. Ed è gioia spirituale”. ha detto. Ha poi messo in guardia contro il chiacchiericcio e l’invidia, definendoli ostacoli alla missione educativa.
Infine, il Pontefice ha chiesto a tutte le comunità educative di lavorare per un mondo più giusto e fraterno. “L’educazione è un atto d’amore e un cammino di speranza. Siate messaggeri di affabilità e gioia, sempre pronti a dialogare e ad accogliere, ma mai col diavolo”.