domenica, 5 Gennaio, 2025
Economia

Il rapporto Deficit/Pil scende al 2,3% nel terzo trimestre 2024, ma la pressione fiscale sale al 40,5%

Secondo i dati dell’Istat il potere d’acquisto è in crescita ma il risparmio delle famiglie è in flessione

I dati forniti dall’Istat ieri riguardanti il ‘Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società’ per il terzo trimestre del 2024 presentano un quadro economico nel complesso favorevole, caratterizzato da un miglioramento del deficit e un incremento del potere d’acquisto. Ma non mancano le criticità: l’aumento della pressione fiscale e la diminuzione del risparmio richiedono una vigilanza attenta per assicurare un equilibrio duraturo tra crescita economica e stabilità finanziaria.

I numeri indebitamento e Pil

Analizzando i dati dell’Istituto di Statistica pubblicati ieri, il terzo trimestre dell’anno scorso ha evidenziato una diminuzione dell’indebitamento delle amministrazioni pubbliche rispetto al Pil, sceso al -2,3%. Questo rappresenta un miglioramento significativo, che riduce a metà il divario rispetto ai parametri europei, fissati al 3%. Anche il saldo primario, che indica l’indebitamento al netto degli interessi passivi, mostra un valore positivo dell’1,7%, in confronto al -2,8% del terzo trimestre 2023. Allo stesso modo, il saldo corrente presenta un valore positivo, corrispondente all’1,9% del Pil, rispetto all’1,6% dello stesso periodo dell’anno precedente.

Pressione fiscale in aumento

Simultaneamente, però, la pressione fiscale è cresciuta al 40,5%, guadagnando ovunque 0,8 punti percentuali. Nonostante ciò, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è cresciuto dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, supportando una crescita del consumo dell’1,6%. Allo stesso tempo, la propensione al risparmio delle famiglie si è ridotta al 9,2%, con una contrazione di 0,8 punti. Il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, con un aumento dello 0,2% del deflatore implicito dei consumi. Nel contempo, la quota di profitto delle società non finanziarie si attesta al 42,4%, che rileva un calo di 0,3 punti percentuali rispetto al secondo trimestre. Il tasso di investimento delle società non finanziarie si attesta sul 21,7%, decrescendo dello 0,4%. L’Istat rileva insomma segni di consolidamento economico, con l’economia che sostiene la riduzione del deficit e accresce il proprio potere d’acquisto. Tuttavia, la pressione fiscale e la diminuzione della propensione al risparmio restano elementi critici. L’Italia sembra dunque progredire su una strada di stabilizzazione economica, avvicinandosi ai target europei e consolidando il miglioramento dei principali indicatori economici.

I commenti dalle lodi alle critiche

Le reazioni al report sono state contrastanti: Giuseppe Spadafora di Unimpresa ha elogiato i dati, definendoli un risultato positivo di politiche economiche responsabili, evidenziando il saldo primario positivo dell’1,7% come segnale di solidità economica: “Ilmiglioramento è la testimonianza concreta di come il nostro Paese sia sulla giusta strada per un consolidamento strutturale dei conti pubblici, mantenendo, al contempo, un equilibrio tra rigore finanziario e sostegno alla crescita economica”.

D’altra parte, il Codacons ha espresso preoccupazione per il calo della propensione al risparmio, sottolineando che molte famiglie devono ancora ricorrere ai risparmi per mantenere i consumi: “I dati Istat su potere d’acquisto e risparmio non sono ancora soddisfacenti, con i consumi delle famiglie che crescono a ritmo ancora troppo lento”, le parole del Presidente Carlo Rienzi. Il Codacons sottolinea, inoltre, il calo della propensione al risparmio rispetto al trimestre precedente, “con gli italiani che devono ancora fare ricorso ai propri risparmi per far fronte alle spese”.

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