Gli over 50 battono le nuove generazioni. Il Rapporto del Cnel mette in mostra le difficoltà del Paese tra crollo demografico e la scomparsa delle nuove leve
Viviamo di certo tempi paradossali, per cui ciò che contava ed era norma 20 anni fa oggi viene capovolto al punto da rendere ogni riflessione incoerente. Un buon esempio di questo spiazzamento, sono i dati che emergono dal Rapporto “Demografia e forza lavoro”, con la notizia e l’allarme del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro che sono stati persi 2 milioni di lavoratori giovani che in Italia sono sempre meno. Così negli ultimi 20 anni i lavoratori con meno di 34 anni sono passati dai 7,6 milioni del terzo trimestre 2004 a 5,4 milioni nel terzo trimestre 2024.
Lavoratori over 50 al top
Nello stesso periodo però si è assistito ad una altra situazione, in relazione proprio alla capovolgimento della realtà, ossia gli occupati tra i 50 e i 64 anni sono quasi raddoppiati, salendo da 4,5 a oltre 8,9 milioni. Nel rapporto del Cnel emerge anche una nuova realtà che l’Italia sta vivendo per la prima volta i lavoratori con più di 50 anni hanno superato per numero la fascia centrale (35-49 anni) e rappresentano il 40% degli occupati del nostro Paese.
La forza lavoro e la crisi
Il Rapporto “Demografia e forza lavoro”, pubblicato dal Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro, curato dal consigliere Alessandro Rosina, pone in evidenza come il gelo democratico che ha colpito l’Occidente e, in particolare l’Italia, farà sentire per molti anni il suo peso. Intanto già oggi il divario del nostro Paese rispetto alla media europea sul tasso di occupazione è ampio, una distanza di 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34. Insomma al lavoro restano le persone che hanno raggiunto la soglia della terza età: le persone occupate oltre i 50 anni sono passate in 20 anni da 4,87 milioni del terzo trimestre 2004 a 9,78 nello stesso trimestre del 2024 con quasi cinque milioni di unità in più grazie all’invecchiamento della popolazione ma anche allungamento della età pensionabile.
Le responsabilità degli altri
Non è colpa solo dei giovani se non riescono ad inserirsi (o non vogliono inserirsi) nel mondo del lavoro perché non lo trovano attrattivo per le loro esigenze e ambizioni. Quello dei giovani è una situazione singolare perché ci sono talenti, capacità e professionalità che potrebbero essere impiegate con grande profitto nelle imprese o nella amministrazione statale, ma evidentemente c’è qualcosa di disfunzionale che fa da argine a questo inserimento.
Gelo demografico e incertezze
A fare luce è il rapporto “Giovani 2024: Bilancio di una Generazione”, sulla condizione giovanile in Italia. Anche in questo caso sono dati particolarmente negativi, l’Italia, ad esempio, ha perso in venti anni oltre un quinto dei giovani, diventando ultima in Europa per la presenza di under 35.
Questo fenomeno ha colpito particolarmente il segmento femminile, con una diminuzione di quasi il 23% contro il quasi 20% maschile. Crisi democratica e incertezze vanno poi di pari passo. Per i giovani c’è una crescente instabilità nel mercato del lavoro, dove il precariato coinvolge il 41% degli under 35. Uno scenario in cui si evidenzia una condizione di incertezza e discontinuità lavorativa che affligge in modo particolare i più giovani. Le disparità territoriali aggiungono un ulteriore livello di complessità, come segnala il rapporto Giovani 2924, “con il Sud Italia che registra tassi di disoccupazione giovanile notevolmente superiori rispetto al Nord, e dove il salario medio annuo dei giovani lavoratori è significativamente più basso”.
Taglio dei parlamentari giovani
Anche nella politica e nelle istituzioni si registra questa situazione che per certi versi si potrebbe definire di ostilità verso le nuove generazioni. Un dato importate è anche quello sulla rappresentanza politica, il taglio dei Parlamentari ha colpito quasi esclusivamente gli under 35, con un drastico calo dei giovani eletti, che tra il 2018 e il 2022 hanno subito un decremento dell’80%, passando da 133 a 27, determinando un’influenza sempre minore dei più giovani nelle scelte dello Stato e della Nazione, un fatto non da poco sul quale la politica sorvola non cogliendo il crescente pericoloso distacco tra Palazzo e nuove generazioni.
Precarietà e stipendi bassi
Fatte le analisi ora servirebbero delle terapie. I margini per contrastare il declino e riequilibrare l’offerta di lavoro ci sono. La prima che servono iniziative concrete per rilanciare il mondo del lavoro che diventi attrattivo per i giovani, soprattutto per l’occupazione femminile che rimane fanalino di coda in una situazione già difficile e precaria. La via come viene segnalata nei diversi rapporti è quella di valorizzazione il capitale umano. Bisogna puntare sulla formazione dei giovani ma anche sull’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta, su una Pubblica amministrazione efficiente, su stipendi che siano più remunerativi. Su una facilitazione dei rapporti tra vita e lavoro, esigenza particolarmente sentita dai giovani.
Vita, lavoro e difficoltà
Ma rimane comunque un problema, oltre la messa in campo di riforme adeguate, resta la vera disponibilità dei giovani verso il lavoro. Essere occupati richiede impegno, sacrifici, tenacia, spesso difficoltà che devono essere superate. Arrendersi e gettare la spugna al primo ostacolo non è nemmeno la strada giusta. Forse dire che le passate generazioni hanno dovuto lottare per arrivare a livelli di diffuso benessere, può apparire anacronistico se non irritante, ma la vita rimane comunque una strada accidentata, imprevista e in salita. Vederla solo in discesa può essere una illusione.