La Manovra finanziaria è approdata ieri al Senato in un clima rovente, tra proteste e tensioni. Il testo, giunto in Aula senza mandato al relatore, ha scatenato polemiche sia all’interno della maggioranza che tra le opposizioni, che accusano il governo di “irridere il Parlamento”. Le dimissioni di Guido Liris, relatore per Fratelli d’Italia e capogruppo della Commissione Bilancio, hanno ulteriormente acceso il dibattito, denunciando un approccio “monocameralista” che, secondo molti, mina le prerogative parlamentari. Nonostante le difficoltà, il voto finale è previsto per oggi con l’approvazione del provvedimento tramite voto di fiducia.
Le dimissioni di Guido Liris hanno rappresentato un segnale forte e un gesto di protesta contro la gestione della Manovra. Liris ha sottolineato l’importanza di ripristinare la doppia lettura parlamentare, sospesa dal 2018. “Chiedo al Presidente della Commissione di farsi mediatore affinché si torni alla doppia lettura”, le sue parole. Per il relatore dimissionario, l’approccio attuale mortifica il Parlamento, riducendo il dibattito a un mero esercizio formale e alimentando un malcontento trasversale.
Da ricordare che la doppia lettura è una procedura che prevede che una legge venga discussa e approvata sia alla Camera dei Deputati che al Senato, garantendo un confronto più ampio e approfondito. Dal 2018, però, questa pratica è stata sospesa per la legge di bilancio, e si procede con una singola lettura definitiva per accelerare i tempi, spesso con un testo ʼblindatoʼ su cui si pone la fiducia.
L’irritazione delle opposizioni
Non meno dure le reazioni delle opposizioni, che hanno accusato il governo di imporre un testo “blindato” e di ignorare il dialogo parlamentare. Con oltre 800 emendamenti presentati, le minoranze hanno denunciato l’assenza di spazi per un confronto reale, un fatto che, a loro dire, riduce ulteriormente il ruolo del Parlamento in un momento cruciale per il Paese. “È un’umiliazione che si ripete ogni anno”, hanno lamentato i senatori di Pd e Movimento 5 Stelle, ribadendo la necessità di un cambio di rotta.
“Riforma necessaria”
A gettare acqua sul fuoco è intervenuto il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha riconosciuto la necessità di riformare la legge di contabilità per adeguarla alle nuove regole europee. “È già partito un lavoro preliminare, ma deve essere un’iniziativa parlamentare, non di governo”, ha chiarito. Giorgetti ha inoltre sottolineato che le modifiche dovrebbero tenere conto delle traiettorie di spesa netta introdotte dall’Ue, ritenendole “benvenute” per migliorare l’efficacia del processo legislativo.
Il contenuto
Nonostante le polemiche, il governo rivendica la Manovra come un documento politico identitario e orientato al futuro. Tra le misure principali, spiccano il taglio strutturale del cuneo fiscale, la transizione a tre aliquote Irpef e l’incremento dei fondi per la sanità, che raggiungeranno 136,5 miliardi nel 2025 e oltre 140 miliardi nel 2026. “Mettiamo più soldi nelle tasche dei lavoratori e rispondiamo alle esigenze del Paese con scelte politiche coraggiose”, aveva dichiarato Liris prima delle dimissioni. Particolare importanza è stata posta sull’abolizione del reddito di cittadinanza e sulla redistribuzione delle risorse per sostenere famiglie e imprese. Il governo considera queste scelte parte di un impegno preso con gli elettori, mentre le opposizioni criticano la mancanza di visione sociale e l’insufficienza delle misure sul piano del welfare.
Il voto di fiducia
Come già avvenuto alla Camera, il governo ha optato per il voto di fiducia anche al Senato, una decisione motivata dalla necessità di evitare l’esercizio provvisorio e garantire l’operatività delle misure dal 1° gennaio. “Non possiamo permetterci ulteriori ritardi”, ha dichiarato Maurizio Gasparri, Capogruppo di Forza Italia, spiegando che il numero elevato di emendamenti e il clima di ostruzionismo hanno reso inevitabile questa scelta.