Ieri, nel tradizionale messaggio natalizio ʼUrbi et Orbiʼ, il Papa ha rinnovato il suo appello alla pace e alla solidarietà. Dalla Loggia Centrale della Basilica di San Pietro, rivolgendosi a milioni di fedeli in tutto il mondo, Bergoglio ha invocato la fine delle guerre e delle sofferenze che affliggono diversi angoli del pianeta, ricordando la necessità di gesti concreti di riconciliazione e giustizia sociale. “Tacciano le armi nella martoriata Ucraina” le sue prime parole con le quali ha richiamato con forza la comunità internazionale a “varcare la porta del negoziato”. Francesco ha ribadito che non esiste soluzione senza dialogo e ha esortato tutte le parti coinvolte a compiere “gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura”.
Non meno pressante è stato l’appello del Santo Padre per il Medio Oriente, in particolare per la Striscia di Gaza. “Cessi il fuoco a Gaza, si liberino gli ostaggi e si aiuti la popolazione stremata dalla fame e dalla guerra”, ha detto, ricordando poi la gravissima situazione umanitaria che affligge questa regione. Con il pensiero rivolto anche al Libano e alla Siria, il Vescovo di Roma ha chiesto alla comunità internazionale di intensificare gli sforzi per promuovere il dialogo e la pace in una regione lacerata da conflitti e divisioni che sembrano non trovare fine.
Il Giubileo e la remissione dei debiti
In vista dell’Anno Giubilare, Francesco ha rinnovato la richiesta di condonare i debiti dei Paesi più poveri, sottolineando come questa misura possa rappresentare un gesto di giustizia e speranza per milioni di persone. “Il Giubileo sia l’occasione per rimettere i debiti, specialmente quelli che gravano sui Paesi più poveri”, parlando dell’urgenza di un’economia globale più equa. Un appello che in pratica si collega al messaggio centrale del Giubileo, che il Papa ha definito un’opportunità per abbattere muri di separazione, siano essi fisici o ideologici. Francesco ha invitato ogni persona e ogni nazione a diventare “pellegrini di speranza”, capaci di compiere gesti concreti per un mondo più giusto. Nel suo messaggio, il Pontefice ha elencato una lunga serie di situazioni di crisi che richiedono l’attenzione e l’impegno del mondo. Ha espresso vicinanza ai bambini della Repubblica Democratica del Congo, colpiti da un’epidemia di morbillo, e alle popolazioni di Paesi come il Burkina Faso, il Mali, il Niger e il Mozambico, dove conflitti armati e cambiamenti climatici stanno provocando sfollamenti e perdite umane devastanti.
Ha menzionato il Sudan, il Myanmar e il Corno d’Africa, regioni in cui la violenza e l’instabilità politica continuano a causare immense sofferenze. Non è mancato un pensiero per il continente americano, in particolare per Haiti, Venezuela, Colombia e Nicaragua, dove Francesco auspica che la verità e la giustizia possano prevalere per ristabilire l’armonia sociale.
Un Natale di riconciliazione
Il Papa ha anche voluto sottolineare il significato profondo del Natale come occasione di riconciliazione e di speranza. “La Porta del Giubileo rappresenta Gesù, Porta di salvezza aperta per tutti”, ha spiegato, invitando ogni persona a varcare quella soglia per trovare pace con Dio, con sé stessi e con gli altri. “Gesù è la Porta della pace”, ha aggiunto, esortando a lasciare alle spalle divisioni e contese. Francesco ha rivolto un pensiero particolare ai più deboli: ai bambini che soffrono per la guerra e la fame, agli anziani soli, ai rifugiati costretti a lasciare le loro terre, ai disoccupati e ai carcerati. Ha ringraziato inoltre chi si dedica con dedizione al bene comune, come operatori sanitari, educatori, forze dell’ordine e missionari, che il Papa ha definito “luce e conforto” per molti.
Una chiamata all’azione globale
Il Messaggio ʼUrbi et Orbiʼ non è stato solo un invito alla riflessione, ma anche una chiamata all’azione per i leader mondiali e per ogni individuo. Francesco ha chiesto un impegno concreto per superare le divisioni, per sostenere i più vulnerabili e per costruire un futuro di pace e giustizia. “Gesù ci attende sulla soglia, specialmente i più fragili”, le sue parole finali.