L’eccezionale appuntamento che, per la prima volta al mondo, coinvolge attori con disabilità nell’apertura del Teatro dell’Opera di Roma.
Ogni anno l’apertura del teatro dell’Opera di Roma porta con sé un grande carico di emozionata attesa, che coinvolge tutti parimenti, spettatori e addetti ai lavori. Quest’anno però l’allure che l’evento porta con sé ha assunto una dimensione magica grazie a Dario D’Ambrosi e alla sua straordinaria compagnia di attori del Teatro Patologico.
E’ il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi ad inaugurare la stagione 2024/2025 del Teatro dell’Opera di Roma. Una scelta che trovo particolarmente amabile e coerente con lo status quo dei nostri tempi, un dramma sulla crisi del sistema politico e sul tormento di un uomo diviso tra l’amore per la figlia e il compimento dei propri doveri istituzionali. Simon Boccanegra venne rappresentata a La Fenice di Venezia nel 1857, ma l’opera è particolarmente duttile, capace di reggere e portare una pluralità di significati che viene affidata alla messa in scena del grande regista inglese Richard Jones, mentre sul podio sale il direttore musicale della Fondazione Capitolina Michele Mariotti. Quest’anno il Sovrintendente Francesco Giambrone ha compiuto una scelta visionaria e, a parer mio, illuminata: far precedere l’apertura di stagione da alcuni eventi speciali, quali appunto “Il sogno di Simon Boccanegra”, messo in scena dalla compagnia del Teatro Patologico, diretto da Dario D’Ambrosi. La compagnia stabile, fondata nel 1992 da D’Ambrosi, che porta in scena attori con disabilità fisica e psichica, è una realtà di grandissimo livello qualitativo e formativo che parte da lontano: nel 1979 un giovane Dario D’Ambrosi viene a contatto con la realtà dell’Istituto Psichiatrico Paolo Pini di Milano e scrive un monologo che ha l’audacia di proporre ad Ellen Stewart, la mitica fondatrice del Café LaMama, tempio incontrastato della sperimentazione teatrale americana. Il resto è storia, il successo è clamoroso e il nome di D’Ambrosi finì sul New York Times e segnò l’inizio di una storia di grandissimo valore culturale e terapeutico, che durò per dieci anni in America e poi continuò la sua vita a Roma, dove tutt’ora la compagnia risiede, in via Cassia 472.
Entrando in teatro, la sera del debutto, non ho potuto fare a meno di immaginare cosa accadesse dietro le quinte, quali emozioni, quali parole si scambiassero gli attori e il regista per un così importante evento. Ma quando il sipario si è aperto sulla scena non c’è stato più spazio per alcuna domanda. Sono stata travolta da una messe in scena seducente e suggestiva, grazie alle scene di Danilo Mancini e alle luci di Danilo Facco, e quando gli attori hanno cominciato ad animare lo spazio scenico, si è compiuta una vera e propria magia, un rapimento di tutti gli spettatori che ha captato tutti gli spettatori, portandogli dentro un altro Simon Boccanegra, che mantiene intatte tutti i contenuti dell’opera originaria. Qui la lotta si spende tra due fazioni, che dentro un Conservatorio lottano per affermare la supremazia di due diversi mondi musicali: quello del corpo e quello dell’anima. Questa scelta è stata messa in atto dal regista perché l’adattamento rendeva necessario eliminare l’interpretazione cantata secondo i tradizionali canoni operistici e desiderava trasformare in risorsa le patologie di ognuno degli attori. Il risultato è stato meraviglioso: ho trovato di fronte a me attori completi, competenti, densi, capaci di trasmettere emozione e significato in modo sublime. Dice Dario D’Ambrosi: “si è approfondito il materiale umano di cui ogni singolo attore disabile è prezioso portatore, ambientando lo spettacolo in un luogo inedito (un Conservatorio), dove il lavoro del Teatro Patologico nell’arteterapia si armonizza perfettamente con la messa in scena di un Simon Boccanegra assolutamente affascinante. Forti delle esperienze fatte con gli adattamenti di testi classici come Medea, Tito Andronico, La Divina Commedia e Don Chisciotte, abbiamo trovato questa soluzione per raccontare e fare terapia mentale mettendo tutti gli attori disabili in condizione di esprimere al meglio la loro natura. La connessione tra i temi toccati – gli affetti familiari e personali, la battaglia per l’affermazione della propria voce e di una diversa visione del mondo – e la straordinaria capacità dei protagonisti sul palco di narrare i piccoli, grandi drammi delle persone, alla fine restituiscono totalmente il senso profondo della storia di Simon Boccanegra, emozionando in maniera semplice e trasversale».
«Apriamo le porte del Teatro dell’Opera di Roma al Teatro Patologico, una straordinaria realtà artistica i cui protagonisti sono attori con disabilità psichica, – dice il Sovrintendente della Fondazione lirica capitolina Francesco Giambrone – proprio nell’anno in cui si ricorda Franco Basaglia, riformatore sociale di fondamentale importanza per il nostro Paese, che con la legge 180 chiuse le strutture manicomiali in Italia. Sarà un doppio Simon Boccanegra: quello di Giuseppe Verdi sul palcoscenico del Costanzi e quello degli attori della Compagnia stabile del Teatro Patologico – guidati dalla visionarietà e dalla passione di Dario D’Ambrosi, a cui abbiamo chiesto di rileggere e raccontarci dal loro punto di vista la trama dell’opera che inaugura la nostra stagione – al Teatro Nazionale. Una storia che parla di temi universali e senza tempo che riguardano tutti noi e che ci permettono di capire quali siano ancora oggi le distanze da colmare, le differenze da superare, i muri da abbattere. Una doppia inaugurazione che apre la Stagione 2024/25 dell’Opera di Roma facendo vivere i due palcoscenici, del Teatro Costanzi e del Nazionale, di cui siamo molto orgogliosi. Una sfida artistica inedita, un momento di grande teatro, un’esperienza unica e imperdibile per il nostro pubblico e per tutta la nostra comunità». Ultima nota di meraviglia è il restyling dei principali ambienti del Teatro, con un nuovo ed elegante shop all’ingresso, mentre sono state ridisegnate anche le livree delle maschere del Teatro. Grazie ad Acea, inoltre, una nuova illuminazione fa risplendere il gruppo scultoreo bronzeo di Luigi Scirocchi, raffigurante le Muse, e la facciata principale esterna del Teatro. Sempre all’esterno del Costanzi, infine, è stato posizionato un grande schermo che trasmetterà, durante il giorno, locandine e trailer degli spettacoli in cartellone.