giovedì, 9 Gennaio, 2025
Lavoro

Meloni: “847mila posti di lavoro in più in due anni. Ma non ci fermiamo”

Il Premier commenta i dati della Cgia: aumentano i contratti stabili e cala la disoccupazione.

“I dati diffusi dalla Cgia confermano un importante trend positivo per il mercato del lavoro in Italia: 847mila posti creati nei due anni del nostro governo. Numeri che ci spingono a continuare a lavorare con determinazione per creare ulteriori opportunità e garantire stabilità e crescita economica a tutta la nostra Nazione. L’Italia è sulla strada giusta, ma non ci fermiamo: c’è ancora molto da fare. Avanti!”. Con queste parole, in un post su Facebook, il Premier Giorgia Meloni ha commentato i numeri pubblicati dall’Ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre che delineano un bilancio positivo sul fronte occupazionale nei primi due anni della sua amministrazione.

Un mercato del lavoro

Entrando nello specifico, secondo l’analisi della Cgia l’occupazione nel Paese è cresciuta complessivamente di 847mila unità (+3,6%) tra il 2022 e il 2024. L’incremento ha interessato in particolare i lavoratori dipendenti (+672mila) e in misura minore i lavoratori autonomi (+175mila). Il dato più significativo riguarda l’aumento dei contratti a tempo indeterminato: ben 937mila unità in più. Parallelamente, il numero dei contratti a termine è diminuito di 266mila, portando la percentuale di lavoratori subordinati con contratti precari al 14,4%, un calo di 2 punti percentuali rispetto a ottobre 2022. Un risultato, questo, che è stato accompagnato da una riduzione della disoccupazione, scesa a 1.473.000 unità (-496mila), e del numero degli inattivi, che sono calati a 12.538.000 (-198mila). Segnali che sembrano confermare un miglioramento complessivo nel mercato del lavoro italiano.

Quasi la metà dei nuovi posti di lavoro, 420mila unità, sono stati occupati da donne (49,6%), mentre i restanti 427mila (50,4%) da uomini. Anche tra i disoccupati, la riduzione è stata più marcata per le donne (-274mila) rispetto agli uomini (-223mila). Nonostante questo, l’Italia continua a registrare il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa. Ma nei due anni presi in esame, il tasso di occupazione femminile è salito al 53,6% (+2%), con una parallela riduzione del tasso di disoccupazione al 6,3% (-2,7%).

Giovani e over 50

Analizzando l’occupazione per fasce d’età, emerge che gli over 50 hanno rappresentato la fetta più consistente della crescita occupazionale: 710mila dei nuovi posti di lavoro (+83,8%). Seguono i lavoratori tra i 25 e i 34 anni (+184mila), mentre i giovani tra i 15 e i 24 anni hanno segnato un aumento più modesto (+18mila). La fascia tra i 35 e i 49 anni, invece, ha visto una diminuzione di 66mila occupati. Questa tendenza è attribuibile all’invecchiamento della forza lavoro e all’allungamento dell’età pensionabile, ma anche alla crescente preferenza delle imprese per lavoratori esperti, percepiti come più affidabili e produttivi. Tuttavia, i giovani rimangono una priorità: il tasso di disoccupazione giovanile, pur in calo al 17,7% (-5 punti), è ancora troppo alto.

A livello territoriale, il Sud si conferma la macroarea più dinamica in termini di aumento occupazionale. La Sicilia ha registrato il maggior incremento con 133.600 nuovi posti di lavoro (+10%), seguita da Lombardia (+125.700), Campania (+89.900), Lazio (+76.500) e Piemonte (+71.600). Questo trend è attribuibile anche agli investimenti pubblici legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che hanno favorito settori come costruzioni ed export.Per quanto riguarda la riduzione della disoccupazione, il Sud rimane protagonista: la Sicilia ha registrato il calo più marcato (-36.800 disoccupati), seguita da Puglia (-35.600) e Lombardia (-34.600).

I nodi irrisolti

Nonostante i risultati positivi in termini occupazionali, il quadro economico italiano presenta ancora alcune criticità. La Cgiasottolinea che la crescita occupazionale non è stata accompagnata da un corrispondente aumento della produttività, soprattutto nel settore terziario e dei servizi. Tutto questo squilibrio ha impedito un miglioramento significativo dei salari, che rimangono tra i più bassi in Europa.

Secondo l’Ufficio studi della Cgia è urgente intervenire sul rinnovo dei contratti collettivi nazionali, ridurre il cuneo fiscale e promuovere politiche attive per la produttività. La stagnazione salariale rischia infatti di vanificare i progressi ottenuti, comprimendo il potere d’acquisto delle famiglie e limitando la crescita economica.

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