giovedì, 21 Novembre, 2024
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Trump, l’augurio della Chiesa: “Speriamo faccia finire le guerre”

Tajani: “L’America è un Paese amico”. Salvini: “Il Tycoon ha la statura morale per far arrivare alla pace”. Presto i due Vicepremier in America

“Speriamo termini le guerre”. Anche la Santa Sede scende in campo sull’argomento del momento, la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America. E, partendo proprio dalla promessa del Tycoon, si augura che i conflitti in atto nel mondo (Ucraina e Medioriente in primis) possano finalmente cessare. A margine del convegno alla Pontificia Università Gregoriana di Roma su intelligenza artificiale e diritto umanitario, è stato il Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, ad auspicare che il nuovo numero uno Usa possa rappresentare un elemento di distensione globale in un mondo segnato da conflitti.“All’inizio del suo mandato, gli auguriamo tanta saggezza”, ha detto, riferendosi alla virtù che la Bibbia attribuisce ai governanti: “Credo che dovrà lavorare per essere Presidente di tutto il Paese, superando la profonda polarizzazione di questi anni”. Il Cardinale ha espresso un cauto ottimismo riguardo all’impegno dichiarato da Trump di “non iniziare guerre, ma fermarle”, ribadito dal Presidente anche nel suo discorso post-elettorale. Parolin ha accolto con speranza questa promessa, ma con realismo ha sottolineato che la pace richiede “umiltà, disponibilità e l’impegno a perseguire l’interesse collettivo”. Per raggiungere la pace, ha osservato, occorre mettere da parte gli interessi di parte in favore del bene generale dell’umanità.

Contatti Usa-Russia?

Per raggiungere la pace di certo ci sarà bisogno che Trump e il leader russo Vladimir Putin possano confrontarsi quanto prima. E da questo punto di vista non è escluso che i due possano comunicare prima dell’insediamento ufficiale del Presidente a stelle e strisce. A confermarlo è stato Dmitri Peskov, Portavoce del Cremlino, che ha risposto alle domande dei giornalisti circa una possibile telefonata tra i due leader: “Non è esclusa”. Ha poi aggiunto che sarebbe stato proprio Trump a manifestare l’intenzione di chiamare il Presidente russo prima della cerimonia di insediamento.

Alla domanda dei giornalisti se l’amministrazione russa o il ministero degli Esteri avessero contattato direttamente la campagna di Trump dopo le elezioni, Peskov ha risposto in modo laconico: “No, perché dovremmo contattarli?”.

Parola ai Vicepremier

Intanto dalla Cina, dove è in visita di Stato insieme al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Vicepremier Antonio Tajani ha commentato l’elezione di Donald Trump alla Casa Biancaaffermando che il risultato non comporterà cambiamenti significativi nelle relazioni tra Italia e Stati Uniti: “Non credo che cambierà granché per l’Italia dopo l’elezione di Trump, perché i rapporti con gli Stati Uniti sono talmente solidi che sono indipendenti dal nome del Presidente”. Il Ministro degli Esteri ha sottolineato la stabilità dei legami storici tra Roma e Washington, evidenziando che la cooperazione tra i due Paesi continuerà a essere improntata su amicizia e collaborazione: “Già c’è stato il primo colloquio del presidente del Consiglio con Trump”, ha precisato Tajani, che ha inoltre anticipato una sua prossima visita ufficiale negli Stati Uniti nel 2024, durante la quale intende affrontare questioni centrali per l’Italia, tra cui il commercio internazionale. Anche Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture nonché Vicepremier, dovrebbe partire per l’America per incontrare Trump che ha sempre stimato. E ieri, parlando a ‘Radio anch’io’ su Rai Radio Uno, ha espresso fiducia nelle capacità del Tycoon di mediare in alcuni dei conflitti più complessi del mondo, portando al tavolo leader come Putin, Zelensky, Netanyahu, oltre ai rappresentanti di Iran e Palestina: “Trump ha la statura morale per affrontare queste sfide. È una persona che, se si impegna a fare una cosa, ama mantenere la parola”. Salvini si è detto soddisfatto per la sua vittoria alle elezioni, spiegando che la sua simpatia non è dettata da “tifoseria”, ma da “vicinanza culturale alle idee”: dalla difesa delle radici occidentali alla riduzione delle tasse, passando per un approccio pragmatico alle questioni internazionali.

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