Dal ‘Rapporto terzo settore 2024’, intitolato ‘Protagonista della crescita e della coesione sociale del Paese: evoluzione e sfide’, emerge con forza l’importanza cruciale del terzo settore per l’economia e la società italiane. Con un valore annuo stimato di 84 miliardi di euro, equivalente al 4,4% del Pil, il terzo settore rappresenta una componente essenziale per l’occupazione, il welfare e la coesione sociale. Ma il settore si trova di fronte a sfide significative, come la carenza di risorse e la necessità di collaborazioni più strutturate con il settore pubblico e privato. Il terzo settore in Italia è un mondo complesso e variegato: il non profit conta circa 360.000 organizzazioni registrate, a cui si aggiungono oltre 300.000 enti potenzialmente iscritti, coinvolgendo in tutto circa 830.000 dipendenti e 4,6 milioni di volontari (pari al 9% degli italiani sopra i 14 anni). Questo settore non solo contribuisce all’occupazione, con un aumento di oltre 200.000 dipendenti negli ultimi dieci anni, ma rappresenta anche uno spazio di inclusione sociale e di partecipazione attiva, in cui le donne costituiscono ben il 57,2% dei lavoratori – 18 punti in più rispetto alla media generale del mercato.
Con il 62% degli enti impegnato nella fornitura di servizi alla persona, il Terzo Settore risponde puntualmente alle esigenze delle famiglie italiane, intervenendo su questioni di grande rilevanza sociale. Circa 190.000 organizzazioni si occupano di fornire servizi alla popolazione generale, mentre il 16,9% degli enti si dedica ad affrontare le problematiche specifiche delle categorie più fragili, quali disabilità, isolamento, discriminazione e difficoltà economiche e lavorative.
Sfide e ostacoli
La maggior parte degli enti del terzo settore ha risorse economiche limitate, con il 59,8% che non supera i 30.000 euro di entrate annuali e il 28,9% che si attesta tra i 30.000 e i 200.000 euro. Questa limitata capacità finanziaria rende gli enti vulnerabili, soprattutto in assenza di finanziamenti stabili e di piani di supporto a lungo termine. La media unitaria delle entrate è di appena 142.000 euro l’anno, una cifra che evidenzia come il settore sia in gran parte sostenuto dallo spirito di volontariato, piuttosto che da robuste basi economiche. La recente riforma del Terzo Settore ha favorito un processo di professionalizzazione degli enti, sottolineando l’importanza di nuove competenze e strutture organizzative per rispondere alle sfide sociali contemporanee. Secondo Barbara Lucini, Responsabile Country Sustainability & Social Responsibility di Generali Italia, e Piero Fusco, Responsabile della Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Generali Italia, questa evoluzione è essenziale in un contesto di rapidi mutamenti sociali e tecnologici, che spesso generano frammentazione nella società. “Il Terzo Settore genera coesione e contribuisce in modo determinante alla crescita e all’innovazione sociale del Paese”, affermano Lucini e Fusco, sottolineando la necessità di una sinergia più stretta tra Terzo Settore, enti pubblici e imprese private.