giovedì, 21 Novembre, 2024
Economia

Lotta dura dei commercialisti: nostre richieste inascoltate. Niente invii telematici fino al 7 novembre

Protesta per il no alla proroga dei tempi del Concordato preventivo biennale

Determinati lo sono e questa volta intendono far sentire anche la propria voce contro un sistema di scadenze percepito e oggettivato come insostenibile. Così i Commercialisti aderenti alle associazioni Anc, Andoc, Fiddoc e Unico hanno avviato il terzo sciopero nella storia della categoria, che durerà fino al 7 novembre. La protesta, coinvolge diversi studi professionali, e riguarda l’astensione dall’invio delle dichiarazioni dei redditi e dei modelli Irap per il 2024. Per aderire, gli studi partecipanti hanno informato i clienti dell’inizio della mobilitazione e garantiranno comunque i servizi essenziali. Secondo le associazioni, la partecipazione alla protesta è finora significativa.

Il concordato preventivo

La vertenza è scaturita per il diniego ad una proroga sui termini di adesione al Concordato preventivo biennale. Il Governo non ha accordato l’estensione dell’ultimo minuto, richiesta da più parti, della scadenza del 31 ottobre sulla misura pensata per prevenire l’evasione fiscale. La scelta dell’Esecutivo ha innescato le reazioni delle Associazioni nazionali di commercialisti. Le richieste erano state riportate anche in una lettera inviata dal Consiglio nazionale della categoria al viceministro dell’Economia Maurizio Leo e al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, in cui si faceva appello per una proroga anche alla luce dei malfunzionamenti tecnici che non hanno permesso ai professionisti di inviare le partecipazioni al concordato entro la scadenza.

Ritardi e sistemi in blocco

A sottolineare i malfunzionamenti era stato anche il presidente del Cndcec, Elbano de Nuccio, che indicava nei disservizi sui canali telematici del Fisco, un problema serio per gli studi. Inoltre i guasti si sono trasformati in un stop totale del sistema nel pomeriggio del 28 ottobre e, alla vigilia della scadenza, nello scarto di numerosi modelli F24 di versamento per effettuare il ravvedimento speciale collegato al concordato. Il Governo, tuttavia, non ha ravvisato la possibilità di uno slittamento della data.

Né i problemi tecnici, né la scarsa adesione allo strumento, dal quale il Governo aveva stimato di raccogliere circa 2 miliardi, sono stati infatti, ritenuti ragioni per il rinvio dei termini.

Le ragioni del Governo

Le ragioni che hanno portato alla scelta del Governo erano anche legate alla adesione al concordato preventivo biennale. “Siccome noi siamo prudenti abbiamo messo zero“, aveva osservato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, parlando delle previsioni di bilancio relative alla misura. “Quindi tutto quello che arriva più di zero è benvenuto”. Una previsione però contestata dalla Confartigianato perché una proroga della scadenza del concordato si sarebbe resa “indispensabile”, proprio per dare la possibilità alle imprese di prenderne parte. Stando al sondaggio condotto tra oltre 46mila imprese che presentano i requisiti di accesso “il tasso di adesione tra gli imprenditori contattati al 22 ottobre è di oltre il 18%”. Per la Confederazione degli artigiani invece proprio “Vista l’accelerazione nelle adesioni registrata nell’ultimo periodo, il numero di incontri con le imprese previsto dalle associazioni di Confartigianato in questi ultimi sette giorni, il tasso definitivo di adesione è destinato ad aumentare per raggiungere almeno il 23%“.

La nota di protesta

Richieste ed esortazioni tuttavia non hanno spostato le intenzioni del Governo di chiudere la partita entro il 31 ottobre. Così si è arrivati allo sciopero sull’invio delle dichiarazioni dei redditi e Irap, dal 31 ottobre al 7 novembre. La protesta è stata poi accompagnata da una nota dei commercialisti.

“Le richieste formulate con tempestività e rimaste inascoltate, di un provvedimento di proroga per far fronte dell’inadeguatezza del termine del 31 ottobre, i sostanziali cambiamenti introdotti dal decreto Omnibus e la conseguente impossibilità di corretta comunicazione per i commercialisti”, fa presente il documento, “e di valutazione per i contribuenti, le difficoltà tecniche di accesso al cassetto fiscale e gli errori riscontrati nei dati messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate relativamente al ravvedimento speciale 2018-2022, hanno fatto sì che si ricorresse allo strumento dell’astensione”.

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