In Europa, la digitalizzazione dei servizi pubblici è in crescita, ma l’Italia sembra rimanere tra gli ultimi della classe. I dati parlano chiaro: secondo studi recenti, la nostra Pubblica Amministrazione è una delle più lente e complesse del continente. Gli imprenditori e i cittadini devono affrontare moduli da compilare, timbri e lunghe attese agli sportelli, spesso vissute come un incubo burocratico. La lentezza della PA italiana si traduce in tempi medi di rilascio dei permessi e delle autorizzazioni tra i più lunghi d’Europa, creando un clima di frustrazione e scoraggiamento.
Il problema principale risiede nell’arretratezza dei servizi digitali e nella complessità amministrativa che ostacolano l’efficienza della macchina statale. Nonostante la tecnologia consenta già in altri Paesi un accesso più rapido ai servizi pubblici, in Italia si continua a richiedere ripetutamente documenti e informazioni che le amministrazioni possiedono già. L’Ufficio studi della CGIA ha recentemente denunciato questa “abitudine” che rappresenta una zavorra per il nostro sistema economico.
Una tassa nascosta
La lentezza della Pubblica Amministrazione ha un costo altissimo: si stima che le piccole e medie imprese (PMI) italiane spendano 80 miliardi di euro all’anno solo per adempiere alle procedure burocratiche richieste. Una “tassa nascosta” che frena le imprese, sottraendo tempo e risorse che potrebbero essere destinate a innovazione e competitività. Il dato preoccupante viene confermato anche da un’indagine dell’OCSE, secondo cui il 73% degli imprenditori italiani si dichiara oppresso dai vincoli burocratici. Tra i paesi dell’Eurozona, solo Slovacchia, Grecia e Francia registrano percentuali peggiori.
Nord e Sud
Uno studio OCSE mette in luce una divisione interna nel Paese: dove la PA è più efficiente, come nel Nord Italia, anche la produttività delle imprese è più alta. Qui, grazie a una gestione amministrativa più fluida e a infrastrutture adeguate, le aziende riescono a competere meglio, alimentando la crescita economica locale. Al contrario, nelle regioni del Sud Italia, la situazione è più complessa. La lentezza della giustizia, una sanità in difficoltà e infrastrutture carenti rendono il sistema produttivo meno competitivo.
L’Institutional Quality Index (IQI) del 2019, ideato dall’Università Federico II di Napoli, fornisce un quadro esaustivo della qualità delle istituzioni italiane. Le province più virtuose si trovano principalmente nel Nord Italia, con Trento al primo posto, seguita da Trieste e Treviso. Le aree meno efficienti, invece, si concentrano nel Sud: tra le ultime posizioni troviamo Catania, Trapani, Caltanissetta, Crotone e Vibo Valentia, evidenziando una profonda disparità territoriale.
Riformare la PA
Per rendere più efficiente la PA italiana, sono necessari interventi di semplificazione normativa e una maggiore digitalizzazione dei servizi. La sovrapposizione di leggi e regolamenti complica le decisioni, generando incertezza e rallentando i tempi di risposta della PA. Alcuni punti chiave da perseguire includono la riduzione della normativa (semplificare e ridurre le leggi, monitorandone gli effetti per introdurre tempestivamente eventuali correttivi); digitalizzazione e accessibilità (rendere i servizi pubblici digitali accessibili e intuitivi, permettendo ai cittadini e alle imprese di inviare documenti e richieste online); formazione continua (migliorare la preparazione del personale pubblico per garantire maggiore efficienza e competenza).
Un’opportunità mancata
L’inefficienza della PA italiana è un problema strutturale che richiede una risposta rapida e mirata. Se l’Italia riuscirà a riformare il proprio sistema amministrativo, riducendo la burocrazia e rendendo la PA più vicina ai cittadini e alle imprese, si potranno ottenere benefici significativi per la competitività e la crescita economica del Paese. Il divario tra Nord e Sud, però, non può essere trascurato. Colmare questa distanza è essenziale per garantire pari opportunità e uno sviluppo economico equilibrato su tutto il territorio nazionale.