Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto che regolamenta la privatizzazione di una quota di Poste Italiane posseduta dallo Stato. Il provvedimento prevede che lo Stato italiano mantenga comunque più del 50 per cento della società: in questa percentuale è compresa sia la parte del capitale sociale detenuta dal ministero dell’Economia, che attualmente ha il 29,26, sia quella di Cassa depositi e prestiti – società pubblica che gestisce i risparmi postali degli italiani e che è controllata dal ministero stesso – che ha il 35 per cento di Poste Italiane. Contrari i sindacati, in particolare Cgil e Uil che parlano di scelta “miope e malsana” e di “netta contrarietà.”
Cgil: scelta miope e malsana
“Miope e malsana” scrivono Cgil e Slc (Sindacato lavoratori della comunicazione) che bollano senza appello l’operazione annunciata dal Governo. “Gli asset strategici che portano ricchezza al Paese -affermano in una dichiarazione congiunta il segretario confederale Cgil Pino Gesmundo e il segretario nazionale Slc Nicola Di Ceglie – non si vendono, ed è sbagliato metterli in gioco per fare cassa”. Per Gesmundo e Di Ceglie “queste scelte sono frutto di un Paese oramai allo sbando sul piano economico e industriale, una condizione confermata da tutti gli indicatori statistici. E la risposta non può essere di così corto respiro e di ricorso alle privatizzazioni”.
Uil: provvedimento sbagliato
Anche la Uil e la Uilposte esprimono la loro “netta contrarietà ad ogni processo di ulteriore privatizzazione di Poste italiane. L’approvazione del decreto che consente al ministero dell’Economia di vendere fino al 14% di azioni di Poste italiane è un provvedimento sbagliato e pericoloso. La decisione del governo Meloni rappresenta la svendita di una delle aziende migliori del nostro Paese”. È quanto hanno dichiarato la segretaria confederale della Uil, Tiziana Bocchi, e il segretario generale della Uilposte, Claudio Solfaroli Camillocci. “La scelta del governo – hanno sottolineato i due sindacalisti – non ha nessun contenuto di carattere industriale ed è dannoso e contraddittorio anche da un punto di vista meramente contabile. La svendita di Poste, infatti, non soltanto non allevia il drammatico problema del debito pubblico, ma fa perdere allo Stato italiano una quota significativa dei cospicui dividendi prodotti dall’azienda ogni anno.”
Cisl: proteggere l’occupazione
Raffaele Roscigno, segretario generale del Slp Cisl, invece, “è positivo che il Ministero dell’Economia abbia confermato che lo Stato non scenderà sotto la soglia del 50 per cento nella quota di proprietà di Poste Italiane”. “È stata questa – ha aggiunto – la battaglia del Slp Cisl in questi mesi con il sostegno prezioso della Confederazione. Bisogna salvaguardare il grandepatrimonio pubblico rappresentato dall’azienda postale, mettendola al riparo da eventuali scalate di multinazionali o di investitori selvaggi”. “Le Poste sono oggi la più grande azienda a capitale pubblico del paese con migliaia di dipendenti. Lo stato ed governi devono proteggere questo patrimonio, investire nelle Poste per difendere l’occupazione e rilanciare il ruolo pubblico di questa azienda più che mai strategica per la crescita ed il futuro del nostro paese”.