mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

La beffa del Cura Italia: gli ultimi resteranno ultimi

Niente fondi per Start up, piccole imprese e partite Iva per chi creduto che lo Stato ti aiutasse col Resto al Sud.
Burocrazie e disinteresse sfiduciano chi ha investito risorse per produrre idee e progetti sociali. I giovani i primi ad essere colpiti dalle nuove povertà.

Gli ultimi resteranno ultimi. Difficile non esprimere amarezza, disorientamento e anche una punta di rabbia, contro la caduta di attenzione e di aiuti verso ciò che è il vastissimo mondo delle piccole imprese, delle start up delle partite Iva. Di quel mondo di impegno professionale che crede nel lavoro e nel futuro.

Parliamo di una realtà di 11 mila imprese che occupano oltre 56 mila persone. Sono piccole aziende nate sotto lo slancio del nuovo, che nelle loro mille declinazioni sia tecnologiche, di servizi, di reti e ricerca agevolano la vita a milioni di persone.

Quello che colpisce è la totale incapacità di cogliere le necessità di queste realtà produttive così variegate – che hanno creduto investendoci soldi, passione e intelletto a tutto ciò che lo Stato ha proposto loro – un mondo che ha un valore di impegno, sacrificio, di studio, innovazione di esperienze, in altre parole di ciò che vivremo come cittadini domani.

Eppure a conti fatti, cosa può ottenere, ad esempio, chi ha puntato su “Resto al Sud”, chi ha costruito con pazienza una Startup, chi ha dato vita a piccole micro imprese, o promosso nuove attività imprenditoriali e libero professionali? Che fine faranno le persone con contratti di lavoro in scadenza o già scaduti, chi uscirà dalla disoccupazione e quanti non hanno nessun ammortizzatore sociale. Per i piccoli imprenditori autonomi non c’è nemmeno un “Reddito di cittadinanza” o di emergenza.

Chi non ha altri introiti perché ha riversato tutto nella sua attività, come farà a sopravvivere?
Per ora – e quindi anche per i prossimi mesi – per loro non è previsto nulla. Per il Cura Italia, semplicemente queste realtà non esistono più. Per ottenere poi le poche briciole, – quelle che cadranno dalle grandi imprese e dai settori che sono sempre in sintonia con i burocrati -, ci sono norme confuse e scarsa informazione.

Alla fine di un iter impossibile saranno pochissimi i soldi che potranno ottenere le nuove piccole imprese che hanno avviato l’attività nell’ultimo trimestre del 2018 o al principio del 2019 perché non rientrano nelle maglie strettissime di una burocrazia che boccia attività, magari brillanti e piene di un concreto spirito di iniziativa ma con bilanci ancora magri perché in fase di avviamento che non potranno ancora dimostrare una crescita di fatturato, quelle che non possono permettersi assunzioni a tempo indeterminato e quelle che proprio nel momento del decollo sui mercati si sono trovate tutte le possibilità cancellate.

Le Startup è bene ricordarlo sono in piena crescita nel mondo e in Italia, progetti certi che danno risultati planetari importanti, sono imprese che, quasi sempre, vivono sul filo del rasoio, perché nate da poco, perché investono in ricerca e innovazione e quindi non hanno sufficienti fondi per poter far fronte a una crisi economica come quella che avanza per gli effetti dell’emergenza Coronavirus.

Dietro migliaia di queste sigle e nomi di imprese ci sono ragazzi pieni di ingegno, di saperi territoriali, di impegno a costruire innovazione e servizi per la comunità.

Lo avevano già previsto, e oggi ci rammarica constatarlo, la burocrazia sta spezzando questi entusiasmi, si creerà una folla di nuovi poveri, saranno colpiti quanti hanno puntato sul valore d’impresa e su un Paese migliore.

In generale, ed era un dato difficile da accettare già prima della emergenza Coronavirus, l’Italia su queste fasce di imprenditorialità destinava investimenti marginali un decimo di quanto invece investono altri paesi europei. Siamo partiti da pochi fondi per arrivare al nulla di oggi. Così che in Italia è stato decretato che gli ultimi rimarranno gli ultimi
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