giovedì, 21 Novembre, 2024
Attualità

Vaticano. Papa Francesco: “Non dobbiamo dimenticarci delle guerre nel mondo”

Nell’Angelus della domenica, il Pontefice ha ribadito la sua vicinanza alle famiglie di ostaggi e vittime

“Non dimentichiamo le guerre che insanguinano il mondo, in particolare quella in Ucraina e in Medio Oriente. Spero che lo scontro in Palestina cessi e che si rilascino gli ostaggi”. Con questo appello Papa Francesco ha concluso il dopo Angelus di ieri, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, davanti a più di 15 mila fedeli giunti in Piazza San Pietro.

Le guerre nel mondo

Nel suo discorso il Santo Padre ha ribadito come pensi ogni giorno “alla martoriata Ucraina, al Myanmar, penso al Medio Oriente. Quante vittime innocenti! Penso alle mamme che hanno perso figli in guerra. Quante giovani vite stroncate! Penso a Hersh Goldberg-Polin, trovato morto in settembre, insieme ad altri cinque ostaggi, a Gaza. Nel novembre dell’anno scorso, avevo incontrato la madre, Rachel, che mi ha colpito per la sua umanità. L’accompagno in questo momento”.

Gaza

Per quanto riguarda la guerra a Gaza, poi, il Vescovo di Roma ha aggiunto: “Prego per le vittime e continuo ad essere vicino a tutte le famiglie degli ostaggi. Cessi il conflitto in Palestina e Israele! Cessino le violenze, cessino gli odi! Si rilascino gli ostaggi, continuino i negoziati e si trovino soluzioni di pace.

L’Asia e la giornata dei malati di Sla

Insieme agli appelli per la pace, Bergoglio ha parlato anche della situazione climatica in Asia: “Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni del Vietnam e del Myanmar, che soffrono a causa delle inondazioni provocate da un violento tifone. Prego per i defunti, per i feriti e gli sfollati. Dio sostenga quanti hanno perso i loro cari e la loro casa, e benedica quanti stanno portando aiuto”, e dei malati di Sla, ricordando come ieri si sia celebrata “la Giornata dei malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica. Assicuro un ricordo nella preghiera per loro e per i familiari; incoraggio il lavoro di ricerca su questa patologia e le associazioni di volontariato”.

Il beato Moisés Lira Serafín

Il Sommo Pontefice ha, inoltre, rivolto un pensiero alla cerimonia tenuta sabato a Città del Messico per la beatificazione di Moisés Lira Serafín, “sacerdote, fondatore della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata, morto nel 1950, dopo una vita spesa ad aiutare le persone a progredire nella fede e nell’amore del Signore. Il suo zelo apostolico stimoli i sacerdoti a donarsi senza riserve per il bene spirituale del popolo santo di Dio”, non dimenticando i vari saluti: “Saluto tutti voi, romani e pellegrini d’Italia e di tanti Paesi. In particolare, i fedeli della parrocchia Santa Edwige Regina in Radom (Polonia); il gruppo di sacerdoti gesuiti giunti a Roma per gli studi; gli studenti di Stade (Germania); e i partecipanti alla staffetta a piedi da Roma ad Assisi. E saluto i ragazzi dell’Immacolata, che hanno avuto tre ordinazioni in questi giorni”.

L’Angelus

Nell’Angelus, invece, Papa Francesco ha parlato di Cristo e di cosa sia per noi la sua figura. “Il Vangelo della Liturgia odierna – ha osservato – ci racconta che Gesù, dopo aver chiesto ai discepoli cosa pensava la gente di Lui, domanda direttamente a loro: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro risponde a nome di tutto il gruppo dicendo: Tu sei il Cristo, cioè tu sei il Messia. Tuttavia, quando Gesù comincia a parlare della sofferenza e della morte che lo aspettano, lo stesso Pietro si oppone, e Gesù lo rimprovera duramente: Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

Una questione di mentalità

Proprio Pietro, secondo il Santo Padre, può essere preso come esempio di comportamento perché “da una parte risponde in maniera perfetta, dicendo a Gesù che Egli è il Cristo. Tuttavia, dietro a queste parole corrette c’è ancora un modo di pensare ‘secondo gli uomini’, una mentalità che immagina un Messia forte, un Messia vittorioso, che non può soffrire o morire. Dunque, le parole con cui Pietro risponde sono ‘giuste’, ma il suo modo di pensare non è cambiato. Egli deve ancora cambiare mentalità, egli deve ancora convertirsi”.

Conosciamo Gesù?

“E questo è un messaggio importante anche per noi – ha continuato il Pontefice – Infatti, anche noi abbiamo imparato qualcosa su Dio, conosciamo la dottrina, recitiamo le preghiere in modo corretto e, magari, alla domanda ‘chi è per te Gesù?’ rispondiamo bene, con qualche formula che abbiamo appreso al catechismo. Ma siamo sicuri che questo significa conoscere davvero Gesù?”.

Un incontro che cambia la vita

“In realtà – ha spiegato Bergoglio – per conoscere il Signore non basta sapere qualcosa di Lui, ma occorre mettersi alla sua sequela, lasciarsi toccare e cambiare dal suo Vangelo. Si tratta cioè di avere con Lui una relazione, un incontro. Io posso conoscere tante cose su Gesù, ma se non l’ho incontrato, ancora non so chi è Gesù. Ci vuole questo incontro che cambia la vita – ha ribadito – cambia il modo di essere, cambia il modo di pensare, cambia le relazioni che hai con i fratelli, la disponibilità ad accogliere e a perdonare, cambia le scelte che fai nella vita. Tutto cambia se davvero hai conosciuto Gesù! Tutto cambia”.

Chi è Gesù per me?

Sul finire dell’Angelus, Papa Francesco ha ricordato il teologo e pastore luterano Bonhoeffer, vittima del nazismo, che nei suoi scritti aveva detto che “il problema che non mi lascia mai tranquillo è quello di sapere che cosa sia veramente per noi oggi il cristianesimo o anche chi sia Cristo”. “Purtroppo – ha fatto notare il Vicario di Cristo – tanti non si pongono più questa domanda e restano ‘tranquilli’, addormentati, anche lontano da Dio. È importante invece chiederci: io mi lascio scomodare, mi domando chi è Gesù per me e che posto occupa nella mia vita? Su questa domanda – ha concluso il Pontefice – ci aiuti nostra madre Maria, che conosceva bene Gesù”.

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