In Europa c’erano i pre-neandertaliani, l’emisfero settentrionale della Terra aveva meno ghiaccio di oggi e il livello del mare era circa 10 metri più alto. Siamo nel paleolitico inferiore, 400mila anni fa, il più caldo del nostro pianeta negli ultimi milioni di anni. Lo sostiene uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, a cui ha partecipato la professoressa Elisabetta Starnini dell’Università di Pisa, e la causa di questa eccezionale fase climatica del nostro pianeta sarebbe da rintracciare nel riscaldamento dei mari (a sua volta dovuta a un complesso intreccio di fattori). Mentre secondo uno studio pubblicato due anni fa su Environmental Research Letters dalla Cornell University, “più del 99,9% degli articoli scientifici sottoposti a peer-reviewed concorda sul fatto che il cambiamento climatico è causato principalmente dall’uomo”. Quella ricerca, che era stata svolta solo su scienziati climatici, ora è stata aggiornata dalla “Climate Change Engagement of Scientists”, pubblicato su Nature Climate Change. Una nuova indagine guidata da Fabian Dablander dell’Universiteit van Amsterdam che la amplia agli scienziati di tutte le discipline (oltre 9.000) e conferma che anche loro “sono estremamente preoccupati per il cambiamento climatico.” Anzi, molti di loro “hanno già cambiato il proprio stile di vita o si sono impegnati in attività di advocacy e protesta, e molti di più sono disposti a farlo in futuro”.
Cosa dice la Scienza
Insomma anche la scienza è fatta da esseri umani che vivono in determinate società e hanno opinioni personali. La ricerca dell’università di Pisa è fondata su un procedimento scientifico: basata su una carota lunga due metri prelevata dalla Grotta della Bàsura in Liguria e analizzata utilizzando la tecnica di datazione uranio-torio ad alta precisione. Il reperto, spiega l’ateneo, “ha consentito di ricostruire la storia ambientale dell’Europa meridionale da 480 mila a 360 mila anni fa e di risolvere un enigma paleoclimatico che per lungo tempo ha impegnato gli studiosi. Il caldo della Terra 400mila anni fa non sarebbe infatti giustificato dai livelli di radiazioni solari e di gas serra”. E non poteva essere il risultato dell’azione dell’uomo sulla Terra. Oggi come allora, osserva Starnini, “la radiazione solare non era particolarmente forte ma il nostro studio dimostra come il riscaldamento prolungato degli oceani da solo possa causare un collasso della piattaforma glaciale e un innalzamento del livello del mare senza richiedere temperature atmosferiche estremamente elevate o concentrazioni di gas serra”. “Il clima passato – conclude Starnini – è quindi di massima importanza per comprendere il futuro del nostro pianeta e il ruolo che i cambiamenti climatici estremi possono aver giocato nell’evoluzione umana”.
Cosa pensano gli scienziati
Mentre sulla misura delle opinioni degli scienziati, invece, le prospettive sembrano cambiare. I ricercatori olandesi che hanno realizzato il sondaggio in tutto il mondo non hanno solo esaminato le opinioni degli scienziati e la misura in cui sono impegnati nell’azione climatica. Dablander sottolinea che per gli scienziati: “Il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale per l’umanità. Per garantire un futuro vivibile, ognuno di noi deve chiedersi: come posso contribuire al meglio in questo momento cruciale della storia umana? Gli scienziati sono ben posizionati per aiutare ad affrontare il cambiamento climatico oltre a condurre ricerche accademiche”.
Le opinioni
L’83% degli scienziati intervistati nel sondaggio, infatti, è “abbastanza” o “molto” preoccupato per il cambiamento climatico. Ben il 91% di loro ritiene che “Siano necessari cambiamenti fondamentali nei sistemi sociali, politici ed economici per affrontare davvero il cambiamento climatico” e l’84% pensa anche che “Siano necessari cambiamenti significativi nel comportamento personale e nello stile di vita” e molti di loro dicono di averlo già fatto guidando meno (69%), volando meno (51%) e passando a una dieta più a base vegetale (39%). La maggior parte degli scienziati intervistati ritiene che i gruppi di attivisti per il clima possano apportare un cambiamento positivo e che gli scienziati dovrebbero impegnarsi di più nella difesa del clima e persino nella protesta. Il 29% degli intervistati è già impegnata nella difesa del clima, il 23% ha partecipato a proteste legali e il 10% ha partecipato ad azioni di disobbedienza, mentre circa la metà afferma che sarebbe disposta a impegnarsi in alcune di queste azioni in futuro. Adam Aron, professore di psicologia all’università della California – San Diego, e coautore dello studio, conclude, quindi, non in modo scientifico, ma con una opinione personale dice: “Governi e imprese continuano a fare promesse vuote che minimizzano il livello di trasformazione necessario per prevenire il crollo climatico. Questo studio chiarisce che gli scienziati di tutte le discipline sono molto preoccupati e chiedono questa trasformazione fondamentale. Spero che aiuti a svegliare le persone e a impegnarsi: sempre più scienziati lo stanno facendo”.