giovedì, 19 Settembre, 2024
Agroalimentare

Confagricoltura: Caporalato, pronti a collaborare fattivamente

Il caporalato, per chi ancora lo ignorasse, è quel fenomeno diffuso per cui degli intermediari illegali, chiamati appunto caporali, procurano manodopera pagata a giornata a vari datori di lavoro, trattenendo poi per sé una quota corrisposta sia dal datore che dai braccianti stessi. In Italia il numero di lavoratori colpiti da questa piaga si aggira attorno a 230.000, di cui solo un 30% cittadini italiani o dell’Unione Europea. Si tratta in generale di persone prive di un regolare contratto lavorativo, e dunque di diritti giuridici oltreché umani. Secondo le stime Istat, le paghe di questi lavoratori si aggirano attorno ai 20 euro al giorno, lavorando però dalle 10 alle 14 ore. Le donne percepiscono addirittura meno degli uomini, mentre i meno fortunati si devono accontentare di acqua e panino. Purtroppo, questo modello d’illegalità contribuisce a un business sostanzioso, con una conseguente evasione contributiva da parte delle aziende agricole coinvolte che si aggira tra i 700 e i 900 milioni di euro annuali.

Siamo dunque di fronte a qualcosa che va oltre la mera crudeltà, evidenziando anche tutte le fallacie di un sistema nostrano che costringe a vedere nel caporalato la soluzione più affidabile. “Troppi passaggi, troppi intermediari, troppi grossisti locali che abbassano il primo prezzo all’agricoltore. Per le arance, ad esempio, parliamo di 10 centesimi al kg. A quel punto, tu agricoltore, o lasci marcire le arance, oppure scegli di starci dentro, ma per farlo devi tagliare il costo del lavoro. Devi sfruttare”, così si era espresso qualche tempo fa Vincenzo Linarello, fondatore e presidente di Goel.

Il tempo di combattere

Negli anni si è cercato di fare molto per arrestare il fenomeno. Infatti, dal 2011 è perseguibile penalmente, e dal 2016 la legge Martina ha inasprito le pene e introdotto nuovi metodi per contrastarlo. Ma non bisogna affatto dimenticare anche il sostanziale contributo di tutti quei lavoratori e quegli imprenditori che credono nella legalità e che combattono privatamente un sistema che alla fine si ritorce anche contro gli italiani stessi. Nel Meridione, dove la maggior presenza di terreni destinati all’agricoltura e il diretto contatto con i fenomeni migratori acuisce il caporalato, si sono formate negli anni tante realtà di lotta parallele, perché “Per noi è fondamentale stabilire rapporti corretti. Il caporalato lo soffriamo anche noi. Un meccanismo che nega i diritti di chi lavora e che ci si ritorce contro sotto forma di concorrenza sleale” spiega Federica Basile di Fattorie della Piana, azienda agricola calabrese.

Ed è quindi all’interno di questa cornice che possiamo inserire il decreto legge agricoltura reso definitivo e attivo lo scorso 12 luglio, ossia come il più recente procedimento a favore della lotta unificata contro il caporalato, a cui adesso vuole unirsi in maniera sostanziosa anche Confagricoltura. L’organizzazione di rappresentanza e tutela dell’impresa agricola italiana ha dichiarato ufficialmente che imbraccerà il problema in modo prioritario, così che il decreto possa trasformarsi in una misura di primo piano a favore delle imprese agricole nostrane.

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