Dopo l’assassinio, a Teheran, del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, le autorità iraniani hanno annunciato la vendetta: “colpiremo quando e come vorremo”. In realtà il quando, secondo quasi tutti i media internazionali, dovrebbe essere oggi o domani, e il come dovrebbe essere come la pioggia di droni dello scorso aprile. Comunque Israele si prepara a contenere la rappresaglia. Gli Stati Uniti hanno mandato in Medio Oriente navi da guerra e caccia bombardieri, oltre che migliaia di marines. Tutti gli altri Paesi, dall’Italia alla Francia, alla Gran Bretagna, Spagna, Canada e Arabia Saudita hanno suggerito ai propri connazionali di lasciare il Libano “prima possibile”. L’Italia chiede ai connazionali di non organizzare vacanze nella regione: “Invitiamo i turisti italiani a non recarsi in Libano”, ha scritto sui social il ministro degli Esteri Antonio Tajani. La notte scorsa decine di razzi sono stati lanciati da Hezbollah contro le comunità nel nord di Israele, ma la maggior parte è stata intercettata dalla difesa aerea. Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha ribadito che Israele “risponderà e chiederà un prezzo molto alto per qualsiasi atto di aggressione, da qualsiasi arena”. E ieri nella regione è arrivato anche il capo del comando centrale americano (Centcom), il generale Michael Kurilla, per coordinare la risposta degli alleati in difesa di Israele in caso di attacco.
Tajani: fermiamo l’escalation
Ieri anche i ministri degli Esteri del G7 si sono riuniti in video conferenza per fare il punto della situazione. Tajani, coordinatore del gruppo, ha chiesto di concordare un’azione politica e diplomatica che in extremis possa evitare uno scontro militare più generalizzato in tutta la regione. Al Segretario di Stato americano, Antony Blinken è stato chiesto un aggiornamento sulla situazione e sia gli Stati Uniti che Israele, appunto, si attendono un attacco dell’Iran in questi giorni. Cosa che se avvenisse realmente la direbbe lunga sullo stato dei fatti: significherebbe che l’Iran è alla totale mercé delle intelligence estere. Da Teheran, il ministro degli Esteri, Ali Bagheri, ha scritto: “La determinazione dell’Iran è seria nel ritenere il regime israeliano responsabile dei suoi crimini. La situazione nella regione dell’Asia occidentale è molto delicata a causa dei continui crimini e delle pericolose avventure della banda criminale che governa a Tel Aviv”. Più retorico Mohammad Baqer Qalibaf, secondo il quale la risposta dell’Iran sarà “schiacciante” e “li farà pentire dell’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh. Le nostre potenti forze militari daranno a questo nemico terrorista e al suo ingannevole sostenitore, gli Stati Uniti, una lezione storica”.
La Russia invia armi in Iran
Secondo fonti israeliane la Russia avrebbe iniziato a dotare massicciamente l’Iran di nuove armi, in preparazione di una guerra contro Israele. Mosca avrebbe dispiegato sistemi avanzati di guerra elettronica alle forze militari iraniane, compresi quelli che possono danneggiare o interrompere i sistemi offensivi a una distanza massima di 5mila chilometri. Diversi blogger militari scrivono che nel fine settimana la Russia ha fatto atterrare in aeroporti iraniani aerei da trasporto Ilyushin con munizioni e Iskander; un missile balistico utilizzato nella guerra con l’Ucraina.
Il ruolo della Giordania
Mentre ha suscitato sorpresa la visita a Teheran del ministro giordano Ayman Safadi. Il ministro ha parlato con Bagheri Kani – che a sua volta nelle ultime ore ha sentito anche il collega egiziano Badr Abdelatty – delle “conseguenze” dell’uccisione “da parte di Israele” del capo politico di Hamas. Gli osservatori internazionali parlano di una visita “inusuale”, alla luce dei difficili rapporti tra il regno hashemita e la Repubblica Islamica, che si inserisce nel quadro del lavoro per contenere le tensioni nella regione. La Giordania – che ospita la maggior parte della diaspora palestinese e confina con Israele – si è trovata ad aprile al centro dello scontro tra Israele e Iran e in quei giorni ha abbattuto droni lanciati dalla Repubblica Islamica contro lo Stato ebraico perché erano entrati nello spazio aereo del regno. L’intervento della Giordania – ufficialmente per autodifesa – aveva provocato le ire di molti, perché storicamente considerato un Paese sostenitore dei palestinesi.