Dopo le recenti operazioni di recupero, le forze di difesa israeliane sono arrivate a comprendere che esiste la possibilità che i corpi di alcuni ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre non vengano mai più ritrovati. La valutazione arriva mentre 111 dei 215 ostaggi rimangono a Gaza, ormai da quasi 300 giorni, compresi i corpi di 39 morti confermati dall’Idf. Intanto la difesa civile di Gaza ha annunciato che l’operazione militare israeliana lanciata il 22 luglio a Khan Younis, nel sud della Striscia, ha provocato circa 300 morti, “molti dei quali sono cadaveri in decomposizione”, ha dichiarato il portavoce della difesa civile Mahmoud Bassal. Si cercano ancora molte persone dichiarate scomparse, mentre Israele ritira la 98esima Divisione. “Nell’ultima settimana le truppe hanno eliminato più di 150 terroristi, smantellato tunnel, depositi di armi e infrastrutture dei terroristi – hanno reso noto i militari -. Cinque ostaggi israeliani che erano stati uccisi e rapiti il 7 ottobre sono stati recuperati nella zona di Khan Yunis dalle truppe”.
Gli Usa difenderanno Israele
Dagli Stati Uniti, il Segretario della Difesa, Lloyd Austin ha dichiarato che se le milizie sciite libanesi di Hezbollah dovessero lanciare un attacco contro Israele gli Stati Uniti sosterrebbero lo Stato ebraico. Auspicando, comunque, “una soluzione diplomatica”, Austin ha spiegato che “se Israele venisse attaccato lo aiuteremmo a difendersi” e ha negato che un conflitto con Hezbollah sia “inevitabile o imminente”. “Anche se abbiamo assistito a molte attività sul confine settentrionale di Israele, restiamo preoccupati per il potenziale di questa escalation in uno scontro in piena regola, ma non credo che uno scontro sia inevitabile”, ha concluso Austin. Dall’altra parte, fondi di Hezbollah, hanno dichiarato alla televisione Al Jazeera: “Non ci aspettiamo un’invasione di terra israeliana, ma se dovesse succedere, siamo pronti. Se decidessero di entrare in Libano, metteremmo piede in Galilea”. “La leadership della resistenza deciderà la forma e la portata della risposta a qualsiasi potenziale aggressione”, hanno affermato esponenti di Hezbollah.
Unifil: soluzione diplomatica possibile
“La preoccupazione non manca, ma lo spazio per una soluzione diplomatica è ancora aperto” sostiene un portavoce di Unifil, Andrea Tenenti, dopo l’attacco nel Golan a pochi chilometri dalla Linea blu, con la morte di civili, per di più bambini. “L’episodio di sabato è sicuramente tragico anche perché coinvolge vittime civili e per di più minori e ha portato in qualche modo in evidenza una situazione drammatica – ha affermato -. Ma va ricordato come negli ultimi dieci mesi gli episodi siano stati tanti. In Libano sono più di cinquecento ad aver perso la vita. Non è una novità, certo in questo conflitto. Ma una situazione come questa resta preoccupante, così come qualsiasi escalation o miscalculation potrebbe appunto ampliare il conflitto, non più solo sulla Blue line. Ma c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica”. “C’è la consapevolezza – spiega Tenenti – che un conflitto diretto tra Israele e Libano si tradurrebbe in un conflitto regionale. Ma ci sono anche degli strumenti a disposizione per impedirlo. La risoluzione Onu n. 1.701 che ha dato vita alla nuova missione nel 2006 è vista all’interno del Consiglio di Sicurezza come l’unica risoluzione che possa portare stabilità al sud del Libano. Solo tramite la 1.701 si può cercare di far avanzare il processo di pace. Ovviamente restano in atto i contatti tra le parti”.
Soldati a processo
I soldati dell’esercito israeliano arrestati dalla polizia militare, per presunti gravi abusi su sospetti terroristi palestinesi, sono stati portati davanti al tribunale militare di Camp Gur. Lo afferma l’organizzazione di assistenza legale di estrema destra Honenu che rappresenta alcuni dei soldati. Secondo l’organizzazione, i sospettati sono stati interrogati a lungo dagli investigatori militari e sono rimasti in custodia militare. L’esercito israeliano ha annunciato che nove soldati erano stati arrestati nell’ambito di un’indagine su presunti maltrattamenti di un detenuto in un centro di detenzione dove sono rinchiusi i palestinesi di Gaza dall’inizio della guerra. Un portavoce dell’esercito ha confermato che nove soldati sono stati “presi per essere interrogati” in relazione al caso. Secondo i media israeliani, il detenuto è un palestinese che sarebbe stato maltrattato nel centro di detenzione di Sde Teiman, nel deserto del Negev, nel sud di Israele.