I colpi di scena avvenuti oltre oceano nelle ultime ore hanno confermato in modo evidente, sotto certi aspetti entusiasmante, sia le difficoltà sia la vitalità della democrazia statunitense. Il mondo era rassegnato ad assistere a una sfida più o meno aggressiva, più o meno frusta e scontata, fra due persone estremamente diverse fra loro, ma simili per condizione anagrafica, per essere più una inevitabile tendenza a guardare al passato che al futuro, più attenti alle paure che alle speranze. In una terra che, dal selvaggio West allo Spazio, ha sempre trovato nell’indicazione di una “nuova frontiera”, fra mille contraddizioni, la radice stessa della sua identità e del suo destino.
Non è un caso che “I have a dream!, il discorso che Martin Luther King tenne davanti a Capitol Hill parlando a più di un milione di persone, sia uno dei più celebrati della storia d’America. Difficile trovare tracce di quel sogno o di altri in Donald Trump e in Joe Biden. Lo spariglio coraggioso e geniale del Presidente uscente, che ha dovuto purtroppo cedere alla crudele fragilità della senescenza è stato come un colpo di coda in punta di morte che ha cambiato completamente lo scenario della Campagna elettorale americana in un attimo. Per comprendere la straordinarietà del gesto, basterà ricordare che in epoca moderna soltanto Lyndon Johnson, nel 1968, ha rinunciato a correre per un secondo mandato alla Casa Bianca perchè certo di non farcela. Ma è ancora più importante che il passo indietro di Biden abbia coinciso con l’investitura da parte sua nei confronti della sua vice Kamala Harris.
La sua nomination non è ad oggi scontata; potrà ufficializzarla solo la Convention democratica del 19 agosto. Ma gli endorsement venuti dai maggiorenti del partito lasciano pochi dubbi.
Cosa ha da temere il duo Trump-Vance da Kamala Harris? Tanto.
Sarà una campagna elettorale che dovrà ripartire da zero e il nemico diventa una donna , più giovane e preparata, vice-presidente uscente, conoscitrice della macchina politica corrente, con una grinta da pantera , temprata da una formazione dolorosa della sua esistenza , una professionista della politica, una eccellente professionista conoscitrice delle Leggi ,del disagio sociale , del grande bisogno di quei Diritti civili di cui l’America ha tanto bisogno. Insomma una vera combattente che saprà scaldare i cuori di quegli angoli dell’America che hanno sempre fuggito la politica perché sempre ad appannaggio dei poteri forti. I duelli televisivi con Lei non saranno più una passeggiata di salute. Ma ancor più il Tycoon deve temere soprattutto la sua biografia: perché questa donna figlia di una ricercatrice oncologa indiana e di un insegnante giamaicano di Lettere, sposata con un Ebreo, è una specie di manifesto del melting pot, del grande calderone di razze, etnie e culture che sono gli Stati Uniti d’America e la sua vita e la sua formazione hanno dovuto fare i conti, negli anni Settanta e Ottanta, con il razzismo della società americana. I cittadini degli Stati Uniti si affideranno a chi ha scalato con impegno e sudore le asprezze e gli ostacoli della vita o al miliardario figlio di miliardari di cui ogni tanto affiora qualche piccolo peccato di fisco o di alcova?
Nessuno può dirlo, naturalmente: anche molto dipenderà dall’uomo o dalla donna che la candidata proporrà come Vice, e nessuno può dire se la violenza che ha da poco insanguinato la campagna elettorale potrà dare altri segni di sé (speriamo di no). E’ un fatto, però, che Kamala Harris fa già sognare. E in America i sogni contano molto, anche grazie a chi, come il reverendo Martin Luther King, per quei sogni ha dato la vita. La possibile futura Presidente, prima Presidente donna degli Stati Uniti d’America, incarnando quello spirito rappresenta per ognuno la speranza di un sogno che non deve morire mai. Un suo libro scritto per bambini si intitola “I supereroi sono dappertutto”. Crediamoci sempre perché magari a volte i sogni si avverano.