lunedì, 16 Dicembre, 2024
Società

Coronavirus, il cardinale scrive ai detenuti

“Il coronavirus ci rende un po’ tutti carcerati e questo ci unisce a voi in questo tempo difficile”. Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha indirizzato una lettera ai detenuti che ha letto al termine della Via Crucis a porte chiuse nel Duomo. Il commento delle 14 Stazioni, preparato da persone del mondo carcerario, è stato letto da don Franco Esposito, direttore della Pastorale carceraria, e da una religiosa delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, volontaria nelle carceri. “Vi scrivo in questi giorni difficili, pieni di paure e di preoccupazioni per il diffondersi di un virus che si sta espandendo in Italia e in molte parti del mondo e che colpisce soprattutto le persone più fragili come gli anziani – sottolinea il porporato, nella lettera ai carcerati -. Capisco che anche voi siete in ansia per voi stessi e per le vostre famiglie, e che la condizione di reclusione vi tiene lontani dai vostri affetti in un momento così pieno di incertezze.

Una condizione che è resa ancora più difficile dal fatto che non potete fare i colloqui con i vostri cari, per impedire che il contagio possa entrare all’interno del carcere. So che comunque state comunicando attraverso i telefonini cellulari anche con chiamate in video, anche se non è la stessa cosa che vedersi di persona, ma è comunque un modo per non interrompere i legami e per guardare negli occhi le persone a cui volete bene”. E allora, aggiunge, “vi chiedo di mandare alle vostre mogli, ai vostri figli e alle vostre madri, il mio abbraccio paterno e invoco su tutti la mia benedizione. Dite che il cardinale vi è vicino e prega per voi”.

D’altra parte, osserva l’arcivescovo, “questa situazione la stanno vivendo tutte le persone libere, che sono costrette a restare a casa e non si possono incontrare con gli amici e i parenti come si era abituati a fare.

E questo ci rende tutti un po’ carcerati e ci unisce a voi in questo tempo difficile in cui ciascuno deve fare la propria parte per evitare che il virus si possa propagare”. È “il momento in cui mantenere la calma, sostenere i compagni più fragili e pregare il Signore che non ci farà mancare il suo sostegno. Come quando stava nella barca con i discepoli, venne una tempesta e sembrava che stessero per naufragare. Gesù sgridò il vento e disse al mare: ‘Taci, calmati!’. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: ‘Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?’. Anche a noi il Signore dice di non avere paura e di continuare a rivolgerci a lui con fede e speranza”.

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