“Un valore aggiunto che vale 60 miliardi di euro e un milione di occupati”. A dirlo il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in riferimento all’economia del mare, durante la presentazione del ‘XII Rapporto Nazionale sull’Economia del mare’ che si è tenuta ieri all’interno della sede di Unioncamere. Lo studio, realizzato da Ossermare, il Centro studi Tagliacarne-Unioncamere, Informare, la Camera di Commercio di Frosinone Latina e il Blue Forum Italia Network, afferma che l’economia ‘blu’ nel nostro Paese continua a crescere, avendo raggiunto, nel 2022, i 178 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil. Le previsioni per il 2023, sebbene ancora provvisorie, stimano un traguardo di 197 miliardi.
Andando ancora più nel dettaglio, il settore ha totalizzato 227.975 imprese, un numero sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, con 1,04 milioni di occupati. Il report indica che l’economia del mare ha generato un valore aggiunto diretto di 64,6 miliardi di euro, che, considerando l’indotto nel resto dell’economia, arriva a 178,3 miliardi di euro. Per ogni euro speso nei settori direttamente legati alla filiera mare, se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia.
Gli addetti
Inoltre, il numero degli addetti è aumentato del 6,6%, un incremento quasi quattro volte superiore rispetto alla media nazionale dell’1,7%. La Liguria è in testa tra le regioni per incidenza del valore aggiunto dell’economia del mare sul totale regionale, con l’11,9%. Il Sud Italia si conferma come l’area a maggiore produzione di valore aggiunto, con quasi 21 miliardi di produzione diretta, pari a circa un terzo dell’intera produzione nazionale. Per il Ministro Urso, a fronte di questi dati, il futuro industriale italiano è “nello spazio e nel mare” con la certezza, da parte sua, che proprio il mare potrà colmare il divario tra Meridione e Settentrione della Penisola.
Proprio su questo, per Urso, l’esecutivo di cui fa parte ha già realizzato “il collegato alla manovra economica sullo spazio, che ora è in fase di bollinatura e inizierà il suo iter parlamentare fra pochi giorni. La ‘blue economy’ è spesso strettamente legata alle nuove tecnologie spaziali. Questo settore vastissimo comprende una varietà di attività e coinvolge diverse competenze, tornando in maniera preponderante all’attenzione dell’Europa. Dopo trent’anni di crescita sul piano continentale, l’Europa nei prossimi decenni dovrà inevitabilmente svilupparsi lungo la direttrice meridionale, attraverso e insieme al Mediterraneo. Questo percorso consentirà di creare connessioni con l’Africa, il Medioriente e il Sud del mondo”.
Sostenibilità ambientale
Un settore che, per il Ministro, dovrà avere lo sguardo rivolto alla sostenibilità ambientale: “Il momento di transizione green e tech ci impone di guardare alla ricerca e allo sfruttamento sostenibile delle risorse minerarie sottomarine come fattore determinante per la produzione di materiali e dispositivi necessari per l’indipendenza strategica nazionale. Su questo fronte, insieme al Mase, svilupperemo una legge quadro che presenteremo nella seconda parte dell’anno in modo che sia approvata in tempo utile per l’utilizzo delle risorse che ad essa destineremo nel prossimo bilancio”.
Il Piano Transizione 5.0
Urso, nel corso della presentazione, ha anche parlato del ‘Piano Transizione 5.0’, con il quale spera che “si possa consolidare la ripresa industriale, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in innovazione”. “Il Piano Transizione 5.0” – ha proseguito il titolare del dicastero dedicato alle imprese – “sarà pienamente operativo fra qualche settimana e sarà fondamentale per rendere le nostre imprese più efficienti e competitive nella transizione digitale e green” concludendo sottolineando che “è l’unico piano europeo che unisce queste due innovazioni”.