Stranezze italiane. La legge ordinaria che introduce l’Autonomia differenziata, voluta fortemente dal centrodestra, è la degna continuazione, nel metodo e nella sostanza, della sciagurata riforma costituzionale del Titolo V, voluta fortemente dal centrosinistra nel 2001. Entrambe impattano sulla Costituzione, sono state approvate a colpi di maggioranza e sono finalizzate a togliere sempre più poteri allo Stato amplificando le diversità in un Paese con forti squilibri territoriali. La lezione della pandemia, durante la quale abbiamo scoperto di avere non uno ma 20 servizi sanitari “nazionali” non è bastata. Avremo anche 20 sistemi scolastici e così via.
Nel 2001 Berlusconi e Bossi ostacolarono la riforma del Titolo V che era stata voluta dal centrosinistra in fretta e furia per contrastare l’avanzata della Lega. Oggi le sinistre promettono fuoco e fiamme contro l’Autonomia differenziata non avendo avuto il coraggio di rimediare ai danni provocati dalla riforma del 2001. Ci aveva provato in parte Renzi con la sua riforma costituzionale “minestrone”, bocciata nel 2016 dal referendum.
La sinistra non vuole ammettere che l’Autonomia differenziata non esisterebbe se non ci fosse stata la riforma del Titolo V di cui molti da quelle parti negano la paternità, forse vergognandosene.
Sul metodo con cui essa fu approvata, un protagonista di quegli anni Franco Bassanini, chiamato in causa, al “Corriere della sera” dice in sostanza: io non c’entro niente con quella riforma che partì con una proposta di D’Alema e Amato e che io e Visco volevamo far decadere con lo scioglimento anticipato delle Camere per evitare il precedente di una riforma costituzionale approvata dalla sola maggioranza. E allora chi spinse per l’approvazione forzata? Il Riformista del 12 ottobre 2004 la raccontò così: Amato aveva ascoltato la richiesta di Bassanini, D’Alema si era fatto da parte dopo il disastro delle regionali del 2000, Veltroni e Fassino avevano addirittura proposto di alzare a due terzi la maggioranza per le riforme costituzionali. La responsabilità, dunque, secondo il Riformista di allora ricade su Francesco Rutelli che era stato investito della candidatura di Presidente del Consiglio nelle imminenti elezioni. Insomma…
Ma sul contenuto del Titolo V che ha provocato scadimento di servizi ai cittadini, aumenti di spesa, maggiore burocrazia, più inefficienza, una valanga di contenziosi tra Stato e Regioni, la paralisi decisionale su materie complesse come l’energia e il disastro di settori strategici come il turismo… silenzio assoluto dei protagonisti dell’epoca.