Un richiamo importante alla responsabilità collettiva e alla necessità di azioni concrete per proteggere i bambini. È quanto ha fatto ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della ‘Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile’ in calendario proprio oggi. Ha utilizzato parole dure contro le due più grandi insidie di questo tempo, quelle guerre e quella povertà che “strappano le bambine e i bambini alla vita, obbligandoli ad abbandonare la scuola per forme di lavoro ignobili, molto spesso illegali e clandestine, sottraendo loro l’infanzia, compromettendo in modo irreversibile il loro sviluppo psico-fisico e il loro futuro”. Il Capo dello Stato ha ricordato l’importanza dell’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che riconosce il diritto di ciascun bambino a essere protetto dallo sfruttamento economico e da qualsiasi lavoro pericoloso: “L’Unione europea”, ha tenuto a precisare Mattarella, “ha sviluppato opportunamente iniziative tese alla applicazione di questi principi, con i recenti provvedimenti che responsabilizzano le imprese lungo tutta la catena del valore e impongono il divieto di commercializzazione di beni realizzati con il lavoro forzato, a maggior ragione quello che impiega bambini”.
Abbandono scolastico
Il Presidente ha anche parlato di come sia importante, per la tutela dei più piccoli, il contrasto all’abbandono scolastico, un fenomeno ancora molto presente in Italia e che “costituisce un importante argine allo sfruttamento del lavoro minorile”. C’è tanto lavoro da fare anche tra i tanti minori migranti non accompagnati “che rischiano di diventare forza lavoro fantasma, di svolgere mestieri inconciliabili con la loro età o addirittura di sparire nell’illegalitàsotto gli occhi di quelle comunità a cui si sono affidati abbandonando le loro terre di origine”.
Insomma, sono tanti gli elementi che mettono a rischio la protezione dei diritti dei fanciulli e affinché si possa metter freno a questo dramma per Mattarella è necessario un approccio che coinvolga governi, organizzazioni, imprese, comunità e individui, “per un ambiente in cui le bambine e i bambini possano crescere sani, istruiti e liberi, senza correre il rischio di essere privati della loro età”.
Fenomeno diffuso, ma invisibile
Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia nemmeno l’Italia, diffuso ma ancora in larga parte sommerso e invisibile. ‘Save che Children’ stima che nel Paese 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, quasi 1 minore su 15. Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività, il 27,8% ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi, perché svolti in orari notturni o perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico. Questi sono solo alcuni tra i dati raccolti in ‘Non è un gioco’, l’indagine sul lavoro minorile in Italia che riguarda circa 58mila adolescenti. La ricerca mostra anche una relazione tra lavoro minorile e dispersione scolastica: un circolo vizioso di povertà ed esclusione.
In Italia la legge stabilisce la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare a 16 anni, avendo assolto l’obbligo scolastico. Dall’indagine emerge che quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita, ovvero 16 anni. I minori che lavorano prima dell’età consentita per legge rischiano di compromettere i loro percorsi educativi e di crescita. Tuttavia, la mancanza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definirne i contorni e intraprendere azioni efficaci di contrasto al fenomeno.