sabato, 28 Settembre, 2024
Europa

Un cittadino europeo su tre minacciato dal declassamento sociale

Il 'peso' demografico dell’Europa sempre più basso

L’Europa, e l’Italia, vanno al voto. Ma quale Europa, e che Italia, si recheranno alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo? L’analisi degli indicatori economici e sociali riferiti alle 242 regioni che compongono il mosaico dei 27 Paesi membri dell’Unione europea la fa il Censis nel rapporto “Lo stato dell’Unione”. Nel corso degli ultimi anni l’Unione europea ha conosciuto un progressivo ridimensionamento del proprio peso demografico ed economico (e quindi politico) sul piano internazionale. Se quindici anni fa (nel 2007) all’Unione europea a 27 Stati era riferibile una quota del Pil del mondo pari al 17,7% del totale, oggi la percentuale si è ridotta al 14,5%, a vantaggio soprattutto dei Paesi asiatici. La popolazione dell’Ue rappresentava il 6,5% di tutti gli abitanti del pianeta, quindici anni dopo la percentuale è diminuita al 5,6%. Secondo le proiezioni demografiche, con 491 milioni di abitanti nel 2075, la Nigeria supererà la popolazione dell’intera Unione europea e diventerà la quinta economia del mondo, dopo Cina, India, Usa e Indonesia.

Scendono i redditi

Ancora una questione: sono 75 le regioni e le province dei Paesi dell’Unione europea in cui negli ultimi quindici anni si è verificata una variazione negativa del reddito disponibile netto pro capite. Una tendenza che ha coinvolto 151 milioni di cittadini (pari al 34% della popolazione europea e corrispondenti a 121 milioni di elettori), che hanno subito una flessione del tenore di vita familiare. E che si recheranno (eventualmente) alle urne con un fardello sulle spalle: “la percezione di un tradimento della promessa di miglioramento delle proprie condizioni, essendo stati soggetti a processi di divergenza anziché di convergenza, avendo vissuto un arretramento anziché un progresso.” I territori del declassamento si trovano principalmente in Grecia, Italia e Spagna, ma anche in Francia, Austria, Ungheria, in porzioni del Portogallo, del Belgio e della Germania. I dati più preoccupanti si registrano nell’Attica in Grecia (con una riduzione del reddito pro capite rispetto al 2007 del 35,6%), ma anche in alcune regioni italiane: Lazio (-16,0%), Umbria (-14,7%), Provincia autonoma di Trento (-14,6%), Toscana (-14,6%). Di tutti gli europei coinvolti, 4 su 10 sono italiani (il 39,1%).

Disuguaglianze sociali

Persistono, e spesso si sono accentuate, forti disomogeneità sociali nei diversi contesti territoriali all’interno dei singoli Stati, che possono minare la coesione delle comunità nazionali. Ad esempio, in Irlanda si osserva una oscillazione vertiginosa tra i 36.556 euro di Pil pro capite del Northern and Western (il 55,4% in meno della media nazionale) e i 99.750 euro del Southern (il 21,8% in più della media nazionale). In Germania si va dal minimo di Lüneburg (29.261 euro di Pil pro capite) al massimo di Amburgo (69.065 euro). In Francia dal minimo della Lorena (26.340 euro) al massimo dell’Ile de France, la regione di Parigi (58.788 euro). La regione irlandese con il Pil pro capite più alto dell’Unione europea registra un valore pari a 7 volte quello della regione bulgara con, al contrario, il valore più basso della Ue. In Italia si oscilla dal valore minimo del Pil pro capite della Calabria (-40,9% rispetto al dato medio nazionale) al valore massimo di Bolzano (+65,4% rispetto al dato medio nazionale). E sono 6 le regioni italiane in cui ancora si misura un Pil pro capite (a parità di potere d’acquisto) inferiore alla soglia del 75% del valore medio europeo: Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Sardegna e Molise.

Alti tassi di astensione

Infine il tasso di astensionismo alle ultime elezioni europee del 2019; si è attestato al 49,3% nella media dell’Unione europea, con un picco raggiunto in Slovacchia (75,3%), un valore minimo toccato in Belgio (11,5%) e l’Italia collocata poco sotto la media europea (45,5%). In Italia la tendenza all’astensionismo elettorale, intensa e prolungata nel tempo, mostra dati più allarmanti alle votazioni europee (il 45,5% di astenuti nel 2019) rispetto alle elezioni politiche (il 36,1% di astenuti nel 2022). L’astensionismo alle europee è aumentato costantemente: dal 14,3% del 1979 al 30,3% nel 1999, fino al 42,8% nel 2014 e al 45,5% del 2019.

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