Applicare ai casi di “revenge porn”, previsto e punito dall’art.612-ter del codice penale, il blocco immediato di tali contenuti, con oscuramento e rimozione delle immagini diffuse, così come ad esempio previsto per il cosiddetto reato di cyber bullismo, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 71 del 2017.
La proposta è contenuta in una interrogazione ai ministri del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia presentata dalla deputata di Italia Viva, Maria Chiara Gadda.
Secondo l’art. 10 della legge n. 69 del 19 luglio 2019, che ha introdotto l’articolo 612-ter del codice penale, il cd. “revenge porn” consiste “nella sottrazione e diffusione illecita e senza consenso delle persone rappresentate di immagini o video a contenuti sessualmente espliciti e destinati a rimanere privati”.
Tale comportamento illecito è punito con la reclusione da uno a sei anni e la sanzione da 5 mila a 15 mila euro; pena, quest’ultima, che si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.
L’introduzione di tale nuova fattispecie di reato si è resa necessaria a fronte della sua preoccupante espansione, spesso ai danni di donne e minori, e come frequente misura di ritorsione nei confronti di un ex partner, comportando pesanti ricadute sulle vittime conseguenti all’esposizione di momenti intimi in maniera virale, incontrollata e illegale.
A conferma della necessitò e della urgenza di un intervento del Governo, la parlamentare renziana cita il caso, risalente al 19 febbraio scorso, di una donna bresciana di 40 anni, vittima di revenge porn, licenziata dal suo datore di lavoro per un presunto danno di immagine all’azienda legato alla diffusione dei video oggetto della denuncia medesima da parte della donna. Sulla vicenda la procura della Repubblica del posto avrebbe iscritto tre persone nel registro degli indagati.
Per far fronte ai cosiddetti reati informatici, che hanno implicazioni sovranazionali, è senz’altro necessaria una convergenza da parte dei Paesi a livello internazionale. In particolare risulta necessario affrontare con urgenza alcune ineludibili questioni, come, ad esempio, il ruolo delle piattaforme e degli strumenti di trasmissione digitali e informatici rispetto alla diffusione delle immagini sessualmente esplicite pubblicate senza il consenso degli interessati, piuttosto che la definizione di specifici programmi, con particolare riferimento ai giovani, di educazione digitale ed educazione alla affettività.
Di qui l’interrogazione ai ministri del Lavoro e della Giustizia per sapere “se intendano avviare un monitoraggio per accertare eventuali casi analoghi, anche al fine di assumere iniziative normative per evitare che le vittime del revenge porn possano subire danni sul piano lavorativo” e se non ritengano opportuno adottare iniziative di competenza, anche normative e in sinergia con i gestori di siti internet e delle piattaforme dei social network, volte a prevedere – per contrastare i reati commessi per mezzo di strumenti informatici e telematici attraverso i quali il contenuto lesivo di alcune immagini è destinato a propagarsi con virulenza nell’immediatezza della prima pubblicazione – il blocco immediato di tali contenuti, con oscuramento e rimozione delle immagini diffuse, così come ad esempio previsto per il cosiddetto reato di cyber bullismo.