mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Corte dell’Aja: fermate l’offensiva su Rafah. Tel Aviv: la storia giudicherà chi sta con noi e chi con Hamas

Gli Usa valutano una forza di peacekeeping per Gaza

La Corte dell’Aja decide sulla situazione politico-militare in Medio Oriente e chiede di fermare le operazioni a Rafah. La Corte Internazionale di Giustizia con sede a L’Aia è emanazione delle Nazioni Unite e si occupa di stabilire le responsabilità degli Stati che violano il diritto internazionale. Il presidente della Corte, Nawaf Salam, come da tempo fanno le organizzazioni internazionali umanitarie e la comunità internazionale, ha definito “disastrosa” la situazione nell’area. “La Corte non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per rafforzare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza e in particolare di quelli recentemente sfollati dal governatorato di Rafah siano sufficienti ad alleviare l’immenso rischio che cui è esposta la popolazione palestinese a causa dell’offensiva militare a Rafah”. “Si rischia la distruzione fisica della popolazione” della Striscia. E dunque, “in conformità con queste indicazioni, sotto la convenzione del genocidio” la Corte ritiene che “Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare e ogni altra azione nel governatorato di Rafah che potrebbe infliggere sul gruppo palestinese in Gaza condizioni di vita che potrebbe portare alla loro distruzione fisica, del tutto o in parte”.

Sudafrica: “decisione rivoluzionaria”

I giudici hanno anche ordinato di riaprire il valico di Rafah e che il governo di Tel Aviv dovrà permettere agli investigatori internazionali di accertare i fatti riguardo le accuse di genocidio. Entro un mese, infine, il governo israeliano dovrà presentare un rapporto sui progressi compiuti nell’applicazione delle misure ordinate dal tribunale. Sull’altro fronte i giudici hanno sollecitato il “rilascio immediato e incondizionato” degli ostaggiancora nelle mani di Hamas. Per il Sudafrica si tratta di una “decisione rivoluzionaria”. Israele nega le accuse. “La risposta alla decisione del tribunale antisemita deve essere di occupare Rafah e aumentare la pressione militare su Hamas finché non saremo vincitori”, ha detto il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir. E una risposta è arrivata anche sul terreno di battaglia: l’agenzia di stampa turca Anadolu ha riferito che aerei da guerra israeliani hanno effettuato attacchi sul centro di Rafah dopo l’annuncio della decisione.

Le reazioni dei ministri israeliani

Le reazioni da Israele sono tutte dello stesso tenore: “la storia giudicherà chi oggi si è schierato dalla parte dei nazisti di Hamas e dell’Is” ha detto il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich. Israele, ha aggiunto, è in guerra per la sua “esistenza” e “chiunque gli chieda di cessare la guerra gli sta chiedendo di non esistere più”. Perfino gli oppositori di Netanyahu come Yair Lapid commentano dicendo: “il fatto che nella sua sentenza l’Alta Corte dell’Aia non abbia collegato la cessazione dei combattimenti a Rafah con il ritorno degli ostaggi e il diritto di Israele a difendersi dal terrorismo è un collasso morale”.“I giudici dell’Alta Corte dell’Aia sono invitati a venire a Gaza e convincere Hamas a riportare a casa i nostri ostaggi”, ha detto il ministro della Cultura e dello Sport Miki Zohar.

Hamas: decisione “non sufficiente”

Per Hamas, invece, la decisione della Corte internazionale di giustizia “non è sufficiente“: in un comunicato i miliziani oltre al commento chiedono lo stop alla “guerra in tutta la Striscia”. “Facciamo appello alla Comunità internazionale e all’Onu di premere sull’occupazione per obbligarla immediatamente alla Risoluzione e di procedere ad una seria e reale alla applicazione di tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite che costringono l’esercito di occupazione sionista a fermare la guerra genocida”.

Peacekeeping con 3.000 palestinesi

Nel frattempo l’Amministrazione Biden sta lavorando a un piano per il dopoguerra nella Striscia di Gaza, e starebbe valutando una forza di peacekeeping diretta da un funzionario americano. Si tratterebbe di una “Missione di sicurezza temporanea per Gaza” che “potrebbe essere un modello ibrido di polizia e carabinieri/gendarmerie”. “Abbiamo discusso diverse formule per una sorta di forza di sicurezza provvisoria a Gaza – ha poi spiegato un alto funzionario dell’amministrazione di cui non è rivelato il nome – e abbiamo parlato con molti partner di come gli Stati Uniti potrebbero sostenerla con tutte le nostre capacità, da fuori Gaza”. Questa forza dovrebbe invece prevedere una “forte partecipazione palestinese”, circa 2.000 membri, e altri 1.000 provenienti da paesi di lingua araba.

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