La richiesta del procuratore Karim Ahmad Khan alla Camera preliminare del Tribunale penale internazionale dell’Aja di spiccare mandati di arresto per crimini di guerra contro il premier Netanyahu, il ministro Yoav Gallant e i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh non piace né agli uni né agli altri. Per Hamas perché “mette sullo stesso piano la vittima con il carnefice”. Lo ha detto -citata dai media internazionali e ripresa da Haaretz – una fonte di Hamas secondo cui questo “incoraggerà la continuazione della guerra di sterminio”. Per Netanyahu “è uno scandalo” perché la reazione di Israele è di autodifesa. Il ministro Gantz dice: “è cecità morale, così si equipara Israele a Hamas”. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz commenta: “è un attacco frontale e senza riserve contro le vittime del 7 ottobre e i nostri 128 rapiti a Gaza”. “Una vergogna storica” perché il procuratore “cita contemporaneamente il primo ministro e il ministro della Difesa dello Stato di Israele insieme agli abominevoli mostri nazisti di Hamas”. Anche ieri sera a Gerusalemme migliaia di persone hanno manifestato nei pressi della Knesset per chiedere nuove elezioni. I manifestanti sventolavano bandiere israeliane e intonavano slogan contro i vertici del Paese e per il ritorno degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza dall’attacco del 7 ottobre scorso.
I combattimenti continuano
Netanyahu ha subito aggiunto che comunque ogni decisione che verrà dall’Aja non fermerà le forze israeliane. Forze armate che, infatti, fanno sapere che i combattimenti a Gaza dureranno almeno altri sei mesi, in modo da impedire completamente il ritorno al potere di Hamas nella Striscia. L’esercito israeliano sta continuando a colpire “obiettivi terroristici nell’area di Jabalya” nel nord della Striscia e anche nel centro. Lo ha fatto sapere il portavoce militare secondo cui sono state scoperte “armi in una struttura dell’Unrwa ed eliminati terroristi” in combattimenti ravvicinati. Secondo la stessa fonte, in un raid è stato centrato un gruppo di operativi che avevano lanciato un razzo anticarro verso le truppe. Nelle ultime 24 ore sono stati circa 80 gli obiettivi colpiti dall’esercito in tutta la Striscia. L’Unicef ha calcolato che “otto scuole su dieci a Gaza sono state distrutte o danneggiate.” “I bambini di Gaza – ha spiegato il portavoce – non hanno accesso alle scuole da sei mesi. Significa che non apprendono, non giocano, non ci sono insegnanti, non ci sono strutture. Questo espone i bambini ad un rischio maggiore di sfruttamento e abuso, lavoro minorile, matrimoni precoci e una serie di altri rischi”. Inoltre dall’inizio della guerra 31 ospedali su 36 sono stati danneggiati o distrutti. Tra i distrutti c’è l’ospedale Al-Shifa, il più grande complesso medico di Gaza, che rimane oggi completamente fuori servizio.
Prospettive per il dopoguerra
Prendono sempre più piede, però, le valutazione sul dopoguerra e nonostante le dichiarazioni dei militari la politica dimostra di non essere completamente vinta. Il ministro Benny Gantz ha ribadito che occorre facilitare “una immediata alternativa civile per il governo di Gaza nel dopo Hamas” e con il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan ha discusso la “possibilità di promuovere la normalizzazione con l’Arabia Saudita, che rafforzerebbe l’alleanza regionale contro l’Iran, e un’amministrazione guidata dagli Usa che insieme ai Paesi della regione si occuperebbe dei bisogni civili nella Striscia di Gaza”. Gantz ha comunque ribadito che “Israele è impegnato a continuare i combattimenti a Rafah e ovunque a Gaza finché non sarà eliminata la minaccia di Hamas e ci sia il ritorno degli ostaggi”. Gallant da parte sua ha dichiarato che Israele “ha l’obbligo morale” di smantellare i “battaglioni” di Hamas a Rafah e di riportare indietro gli ostaggi. Gallant a Sullivan ha anche denunciato “la continua aggressione di Hezbollah e il rifiuto di raggiungere una soluzione diplomatica” che mettono a rischio “di una significativa escalation”. Mentre il ministro di Stato del Qatar Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi ha affermato che nonostante le tante trattative svolte finora non esiste la volontà politica di raggiungere un accordo di cessate il fuoco a Gaza tra Hamas e Israele. Dal ministero degli Esteri egiziano invece arriva l’allarme che un’eventuale operazione su larga scala a Rafah metterebbe a repentaglio gli aiuti umanitari.