domenica, 8 Settembre, 2024
Flash

La Corte costituzionale introduce la “valvola di sicurezza” al reato di rapina (art. 628 c.p.) per lieve entità

Con la sentenza n. 86 depositata il 13 maggio u.s. la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la sanzione dell’articolo 628, 2co. del codice penale (rapina) nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata per la rapina c.d. impropria sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

In via consequenziale, la Corte ha dichiarato anche l’illegittimità costituzionale del primo comma del citato articolo 628 relativo alla rapina c.d. propria, nella parte in cui non prevede la medesima attenuante.

Il codice del guardasigilli Rocco del 1931 prevedeva come minimo edittale di pena detentiva per la rapina la misura di tre anni di reclusione, elevati a cinque dalla legge n. 36/2019, anche per il reato di estorsione di cui al successivo articolo 629 c.p..

L’innalzamento del minimo editale a cinque anni, senza prevedere attenuanti generiche nel caso di speciale tenuità di danno come indicato nell’articolo 65 del c.p. che più specificamente, al punto 3) dispone la diminuzione delle altre pene diverse dall’ergastolo e della reclusione da 20 a 24 anni, in misura non eccedente un terzo, è stato già oggetto di sentenza n. 120 nel 2023 da parte della stessa Corte costituzionale.

Tale innalzamento, senza prevederne le ipotesi sopra menzionate di lieve entità violavano i principi costituzionali di cui all’art.3 (pari dignità sociale e eguaglianza davanti alla legge) e all’art. 27 (responsabilità penale personale e finalità rieducative della pena per il condannato).

Con una pena edittale non inferiore a cinque anni nel minino tali benefici non potevano trovare accoglimento.

La sentenza suddetta è scaturita dalla “non manifesta infondatezza” riconosciuta alla ordinanza del 20 settembre 2023 del Tribunale di Cuneo che aveva appunto sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 628, secondo comma, del codice penale, per violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma della Costituzione, “nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità”.
Il Tribunale di Cuneo sollecitava una pronuncia additiva della Corte tesa a introdurre anche per la rapina impropria una diminuente per i casi di lieve entità, analogamente a quanto disposto per il reato di estorsione con la citata sentenza n.120/2023.

La Corte ha, in effetti ribadito il finalismo rieducativo della sanzione con il principio di personalità della responsabilità penale, il quale “esige che – nel passaggio dalla comminatoria astratta operata dal legislatore alla sua concreta inflizione da parte del giudice – la pena si atteggi come risposta proporzionata anche alla concreta gravità, oggettiva e soggettiva, del singolo fatto di reato”.

Ha anche rilevato il progressivo inasprimento della pena nel tempo, originariamente nel minino edittale in tre anni, poi a quattro e infine a cinque anni, anche per il reato di estorsione, che rendeva sostanzialmente inaccessibile il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Il caso concreto all’esame del Tribunale di Cuneo riguardava una rapina impropria compiuta da due giovani con sottrazione di pochi generi alimentari e uno spazzolino da denti prelevati da scaffali di un supermercato; reato che sarebbe stato consumato con minacce e una spinta in danno del personale dell’esercizio, tramite le quali i due imputati avrebbero conseguito il possesso dei beni sottratti e l’impunità.

È stata pertanto necessaria introdurre una “valvola di sicurezza” che permetta al giudice di temperare la sanzione quando l’offensività concreta del fatto di reato non ne giustifichi una punizione così severa, come ebbe a ribadire nella già richiamata sentenza n. 120 del 2023 ed a garanzia della ragionevolezza, proporzionalità e capacità rieducativa della sanzione.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Un “Tribunale Dreyfus” per l’Afghanistan

Tommaso Marvasi

Adozione: sì a preservare relazioni con famiglia biologica

Paolo Fruncillo

Corte costituzionale: in aula dialogo tra giudici e avvocati

Emanuela Antonacci

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.