Un annuncio di YouTube, noto sito di condivisione video, ha sollevato preoccupazioni globali in merito alle libertà civili a Hong Kong. Martedì scorso, la piattaforma ha comunicato che bloccherà 32 video giudicati illegali, in ottemperanza a un ordine giuridico emesso dalla Corte d’appello di Hong Kong. La decisione è stata interpretata come un segnale allarmante di una crescente repressione sulla libertà di espressione nella metropoli asiatica. Il governo di Hong Kong ha richiesto il divieto di un inno noto legato alle proteste, e YouTube ha dichiarato di essere deluso dalla determinazione della corte ma ha confermato che rispetterà l’ordine di rimozione. Nonostante ciò, non esclude la possibilità di presentare ricorsi in futuro. La mossa di YouTube ha scatenato una serie di critiche da parte di osservatori internazionali, in particolare dagli Stati Uniti, che temono possa influire negativamente sulla reputazione di Hong Kong come hub finanziario globale e sulla libertà della stampa.
I rischi
George Chen, ex dirigente di Meta, ha evidenziato i rischi che questa decisione comporta per le libertà su internet e l’immagine di Hong Kong. L’Asia Internet Coalition ha sottolineato l’importanza di un internet libero per il mantenimento della competitività della città. Nessun commento ufficiale è stato rilasciato dal governo di Hong Kong sull’argomento. Alphabet, la società madre di YouTube, che già opera sotto restrizioni in Cina, si trova ora a dover estendere il blocco a YouTube e Google anche a Hong Kong. La canzone “Gloria a Hong Kong”, nata nel corso delle proteste del 2019, è diventata un simbolo di resistenza e un inno non ufficiale del movimento pro-democrazia. Nel frattempo, una dura repressione ha portato all’arresto di attivisti e alla soppressione di organizzazioni civili. Il governo cinese difende il blocco dei video come una misura vitale per la sicurezza nazionale.