Ormai è sempre più evidente che quella tra Israele e Hamas non è una vera e propria guerra: da una parte c’è uno stato con un esercito regolare, dall’altra un gruppo di miliziani con leader sparsi e organizzazioni militari non definite. La situazione, anche in base alle dichiarazioni dell’Onu e delle suo organizzazioni, da mesi è sempre sull’orlo della “catastrofe” e le trattative, come un pendolo, dopo aver raggiunto quasi il traguardo ritornano al punto di partenza. Una guerra non tra soldati, ma in campo aperto dove più di un milione di civili, soprattutto giovani, sono alla mercé di coloro che si contendono il controllo della Striscia di Gaza. L’Idf ha anche annunciato di aver presentato al Governo un piano per restare a Gaza un altro anno. Al Cairo e a Riad si alternano ai tavoli della trattativa negoziatori egiziani, qatarioti, israeliani e statunitensi e, dai risultati, potrebbe essere più vicini alla “babele di lingue” che a un’intesa vera e propria. Tanto che il ministro degli Esteri Israel Katz ha dubbi perfino sul riconoscimento dello stato palestinese: “dopo il 7 ottobre significherebbe premiare Hamas che ha ucciso oltre mille israeliani” ha detto aggiungendo che “sarebbe come dare anche un premio al regime iraniano. Significa vivere con la possibilità di un altro 7 ottobre”. Secondo Katz, l’unica maniera per “promuovere la pace sono negoziati diretti nell’ambito di un processo di normalizzazione regionale”, cosa che farebbe intendere una certa sfiducia nei negoziatori attuali.
Le dichiarazioni quotidiane
La routine quotidiana è sempre la stessa: Hamas incolpa Israele di “aver riportato al punto di partenza i negoziati su un accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza.” Israele incolpa Hamas di truccare i giochi. I negoziatori israeliani e americani hanno raccontato di aver presentato una proposta degli stessi terroristi, redatta nei mesi scorsi, e questi l’hanno rifiutata. Poi i miliziani hanno finto di accettare l’accordo proprio il giorno in cui l’esercito di Tel Aviv ha iniziato l’operazione mirata militare su Rafah. Ma Israele ha dichiarato che non c’era nessun accordo. Dubbi, quindi, anche sulle capacità dei mediatori che, invece, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, non ha: “mi fido assolutamente di tutti gli intermediari che hanno interesse a risolvere il problema palestinese”, ha detto ieri a margine di un incontro pubblico. “Sono convinto che i Paesi che stanno lavorando per la mediazione faranno tutto il possibile affinché gli accordi siano rispettati.
Pressione sul Governo dalle famiglie
Intanto il Forum delle famiglie degli ostaggi continua la pressione sul Governo israeliano perché si raggiunga un patto per la liberazione degli ostaggi ancora in vita. Ora provano a rendere pubbliche testimonianze dirette: “nessuno mi ha contattato, nessuno ha voluto sedersi, ascoltare, sapere”, denuncia Mia Schem, presa in ostaggio il 7 ottobre da Hamas e rilasciata lo scorso novembre. Anche la madre di Schem, Keren, ha puntato il dito contro il governo: “nessun membro della coalizione ci ha contattato, né quando lei era prigioniera, né quando era qui… Il fatto di aver incontrato diverse volte il presidente Macron e altre figure politiche globali, ma nessuno ecco, è un pò strano.”
Gli Usa impegnati per la tregua
Ieri sulle trattative è intervenuto anche l’Iran: “se gli Usa e i Paesi occidentali manterranno le loro promesse e aderiranno davvero al cessate il fuoco in questa fase, tutto è pronto per un cessate il fuoco stabile e una soluzione per la crisi di Gaza”, ha affermato il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian. “Ci siamo concentrati sull’attuazione di un cessate il fuoco a Gaza, sulla base di un accordo non scritto con gli Stati occidentali, che ci hanno assicurato che si sarebbero mossi in quella direzione, e speriamo che mantengano il loro impegno.” Gli Stati Uniti, che da giorni hanno in Medio Oriente il capo della Cia, William Burns, per tentare di arrivare a un accordo, ha nuovamente annunciato che praticherà il blocco delle munizioni per Israele. Ma l’Idf ha minimizzato e sostenuto che, invece, “il coordinamento tra Israele e Stati Uniti ha raggiunto “una portata senza precedenti, nella storia.” L’esercito ha anche annunciato che ha presentato al Governo “un piano per un anno di guerra a Gaza”, luogo ritenuto “tra i più difficili al mondo” pieno zeppo di tunnel e “sovraffollata” con un terrorismo pervasivo che continuamente si riorganizza.
Ripresi aiuti umanitari
Infine sembrano essere ripresi gli aiuti umanitari dopo i blocchi dei valichi. Centoventi camion di aiuti per Gaza i sono diretti verso il valico di Kerem Shalom, riaperto ieri mattina. La Mezzaluna Rossa egiziana ha ricevuto una notifica dalle autorità competenti con cui le si chiedeva di trasportare i camion al valico di Kerem Shalom per l’ingresso a Gaza, previe le ispezioni di rito, dopo 3 giorni di stop. Non è esclusa una imminente riapertura del terminal di Rafah, dove sono in attesa di uscire 8 cisterne di carburante e dove l’esercito israeliano ha sottolineato che non è ancora entrato in città, ma è nella zona a est.