Parafrasando Antonio Gramsci possiamo dire che l’Occidente affronta le sfide di questo secolo con l’ottimismo della ragione e il pessimismo della volontà. Sarebbe, invece, necessario fare il contrario. L’ottimismo della ragione è un espediente psicologico che ci porta a ritenere di essere sempre i migliori, i più forti, gli imbattibili perché i dati sul Pil, sulla dotazione di armamenti, sullo sviluppo tecnologico ci mettono ancora al primo posto. Questo ottimismo è pernicioso e mendace. È autoconsolatorio. Ottunde le nostre menti. Non ci consente di vedere in faccia la realtà. Che è ben diversa. E ci fa passare al pessimismo della volontà: che significa non contrastare i nemici dell’Occidente ma scendere a patti con loro, illudendoci che i patti più o meno disonorevoli saranno rispettati. La storia non ci ha insegnato nulla.
24 anni di tragici errori. I regali alla Cina
Negli ultimi 24 anni abbiamo fatto di tutto per farci del male. Abbiamo regalato alla Cina l’accesso ai mercati, concedendole anche il know-how delle nostre migliori imprese che ci era costato decenni di investimenti e ricerca. In cambio di cosa? Di un effimero risparmio sul costo del lavoro delle nostre aziende che hanno delocalizzato, di una crescita mondiale trainata dalla domanda cinese e della infondata certezza che il “capitalismo in salsa comunista” avrebbe minato alle radici il potere del ferreo regime di Pechino. Oggi abbiamo una Cina che a breve supererà gli Stati Uniti nel Pil, che ha aziende all’avanguardia nei settori strategici dell’energia verde, che si è accaparrata le materie prime che servono per il futuro tecnologico, che minaccia Taiwan ogni giorno, che fa il comodo suo nei mari che la circondano, che occupa isolotti che non le appartengono, che sostiene la Russia nella più grave guerra che si combatte sul suolo europeo e chiude tutti e due gli occhi sulle armi coreane che transitano dalle sue parti dirette alla Russia. Una Cina che ha rafforzato, invece di indebolirlo, il controllo più oppressivo di sempre sul suo popolo. Un capolavoro di autolesionismo. Non ammettiamo i nostri errori, non impariamo da essi, stiamo correndo ai ripari alla spicciolata con decoupling e derisking. Ma abbiamo creato non un partner, non un competitor leale ma un nemico che sta diventando più forte di noi.
Le concessioni alla Russia
E che dire della Russia? Abbiamo chiuso un occhio quando Putin si è preso la Cecenia con una guerra di una ferocia inaudita, quando ha invaso l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, mettendo sotto tutela anche il governo della Georgia. Prima di lui, lo stesso Eltsin aveva già mandato truppe russe nella regione moldava della Transnistria, nella regione del Caucaso dell’Inguscezia, nel Tagikistan e nel Daghestan. Terre lontane da noi? Già. Ma quando Putin si è preso la Crimea qualcuno si è svegliato? Neanche allora è scattato il campanello d’allarme. Poi è arrivata l’aggressione all’Ucraina…E da due anni ancora discutiamo se e come aiutare Kyiv, un po’ alla volta, con quali limiti, con quali precauzioni. E non è finita. Putin ha capito perfettamente che l’Occidente è timido, è diviso, che alcuni partiti delle sue democrazie sono in vendita e si comporta di conseguenza. Gli stessi tedeschi, di memoria corta, per anni si sono illusi che bastava avere il gas a buon mercato per sentirsi buoni vicini della Russia: il cappio si stringeva intorno al loro collo e a Berlino neanche la signora Merkel non se ne accorgeva.
Le strategie convergenti di Mosca e Pechino
Né Xi né Putin sono degli sprovveduti che improvvisano. Hanno una strategia precisa. Solo lucidi e determinati. Per quando tra loro non si amino e non si rispettino, russi e cinesi hanno un comune obiettivo: attaccare l’Occidente su tutti i fronti, indebolirlo, prenderne il posto non solo nella geopolitica ma anche inquinando la vita delle loro democrazie. Lo fanno tutte le volte che da noi ci sono elezioni, con attacchi informatici, con propagande prezzolate, con la diffusione scientifica ed efficiente di notizie false per screditare i loto avversari, utilizzando i social network per inquinare le menti delle nostre giovani generazioni e perfino conquistando qualche interessata simpatia di alcuni Capi di stato dell’Occidente che invece di trattare sottobanco con loro dovrebbero evitare di comportarsi da traditori.
Lo spazio libero all’asse del male
Nel frattempo abbiamo assistito al dilagare di russi e cinesi in Africa, abbiamo lasciato crescere le capacità nucleari dell’Iràn, abbiamo consentito agli ayatollah di estendere la loro influenza nel Medio Oriente, complice anche la follia della seconda guerra in Iraq che ha spazzato via l’unico bastione che poteva arginare il regime di Teheran. Quanto alla Corea del Nord stendiamo un velo pietoso sulle figuracce umilianti dei tentativi andati a vuoto di rendere ragionevole un personaggio come Kim Jong-un…
La sistematica autodistruzione dell’Occidente
Possiamo essere contenti di tutta questa sistematica autodistruzione dell’Occidente? Noi abbiamo goduto per 70 anni di libertà, democrazia e benessere e stiamo lasciando ai nostri figli e nipoti un mondo destinato a soccombere ai totalitarismi, ai regimi più sanguinosi e intolleranti che minacciano di toglierci quello per cui sono morti milioni di nostri cittadini durante la seconda Guerra mondiale.
Passare al contrattacco
O, forse, non è giunta l’ora di partire al contrattacco, senza se e senza ma, su tutti i terreni, dall’economia, al commercio, alla tecnologia, agli armamenti, lasciando da parte stupide gelosie e diffidenze tra America ed Europa e ricreando un fronte unico compatto e determinato a invertire il corso della storia degli ultimi 24 anni?
C’è bisogno di un grande ottimismo della volontà visto che il realismo della ragione ci indurrebbe al pessimismo. Non sottovalutiamo i nostri avversari, sono bravi, capaci e tutt’altro che sprovveduti. Non lasciamoci ingannare dalle sirene dei pacifisti che si illudono, pochi in buona fede, meno pochi con idee confuse, e ancor più numerosi complici dei nostri nemici, che basti un ramoscello d’ulivo per far volare le colombe in un cielo infestato da corvi.