domenica, 23 Giugno, 2024
Esteri

Il generale Skibitsky: Ucraina al baratro. Usa: la Russia non sfonderà

Guerra delle turbine: Cameron le regala a Kiev. Mosca, stop a Siemens e General Electric

A smentire il vice capo dell’intelligence di Kiev, Vadym Skibitsky, secondo il quale “l’Ucraina e sull’orlo del baratro” e la situazione, già difficile, “peggiorerà”, sono gli Stati Uniti attraverso il New York Times che cita come fonti “funzionari americani”. Secondo questi anonimi funzionari la Russia non ha le forze per un’offensiva prima del 9 maggio, mentre l’Ucraina non è in grado di stabilizzare la linea del fronte se non dopo l’estate o alla fine del 2024. A Kiev cominciano a mancare anche i giovani da mandare al fronte. Il 18 maggio dovrebbe entrare in vigore la nuova legge sulla mobilitazione e i consolati esteri ucraini stanno facendo di tutto per convincere gli espatriati a tornare. Si tratta di una stima di 350.000 uomini, di età tra 18 e 60 anni, che potrebbero essere reclutati, ma la vice primo ministro dell’Ucraina, Olga Stefanishina, ha promesso che non ci saranno “rimpatri forzati.” Zelensky, nei mesi scorsi, ha licenziato per corruzione i capi degli uffici di leva militare, ma l’emergenza non è finita e si teme infatti che la prossima ondata di reclute, se ci sarà, arrivi al fronte con scarse motivazioni e morale basso.

La situazione sul campo

Secondo l’osservazione sul campo del generale Skibitsky l’esercito russo opera come un “corpo unico, con un piano chiaro e sotto un unico comando”. Per Skibitsky, nel medio periodo Mosca si sta preparando per un assalto attorno alle regioni di Kharkiv e Sumy e ritiene che la spinta più forte inizierà “alla fine di maggio o all’inizio di giugno”. E ieri è continuato anche il balletto macabro sulla conta dei morti: l’Ucraina ha detto di aver colpito un campo di addestramento militare e ucciso almeno 116 soldati, mentre la Russia, da settimane, sostiene di uccidere 1.000 soldati ogni giorno.

Macron e Cameron a ruota libera

In Europa, invece, polemiche di parole su quanto ha proposto il Presidente francese Macron che è disposto a inviare truppe europee in Ucraina e quanto detto dal ministro degli Esteri David Cameron, secondo il quale Kiev potrà usare armi inviate da Londra non solo per difesa, ma anche per attaccare il territorio russo. Molto più realpolitik il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, il quale ha spiegato la differenza tra la disponibilità a supportare l’Ucraina, in quanto paese aggredito da Mosca, e il dichiararsi in guerra aperta. Tajani ha chiaramente ribadito che l’Italia non prende in considerazione l’invio di truppe a Kiev: “abbiamo sempre detto che noi non siamo in guerra con la Russia e quindi non manderemo soldati italiani a combattere in Ucraina”. Dall’altra parte del fronte, il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov ha sottolineato come le dichiarazioni di Cameron vengano inquadrate a Mosca come una “escalation diretta” che “potrebbe potenzialmente rappresentare un pericolo per la sicurezza europea, l’intera architettura di sicurezza europea”. Il Cremlino ha anche respinto come “infondate e senza prove” le accuse del governo tedesco secondo cui un gruppo di hacker controllati da Mosca avrebbe effettuato una campagna di attacchi informatici in Germania.

La Cina mediatrice?

Sul fronte pacifista continuano i colloqui in Cina. Dopo la visita del Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, Xi Jinping accoglierà il Presidente russo Vladimir Putin e cercherà di mettere insieme un puzzle per un negoziato che, assieme alla Conferenza di pace in Svizzera, che si terrà a giugno, potrebbe cominciare a ricostruire un tavolo diplomatico meglio strutturato. Il racconto quotidiano di morti e feriti, alimenta il flusso di notizie, ma nasconde anche gli sforzi che le diplomazie internazionali stanno facendo per fermare la macelleria di giovani soldati al fronte.

La guerra delle turbine

Quanto alla guerra delle turbine: Cameron a Kiev ha annunciato anche un pacchetto di sostegno energetico del valore di 36 milioni di sterline (41 milioni di euro). Concretamente si tratta di turbine a gas per aiutare a rimettere in uso qualche infrastruttura per la produzione di energia elettrica tra le tante che la Russia ha distrutto o danneggiato. Sull’altro fronte, l’amministratore delegato della Rostec State Corporation, Sergey Chemezov, in un incontro con il primo ministro russo Mikhail Mishustin. ha annunciato di aver superato la dipendenza dalle turbine a gas ad alta capacità della fabbricazione straniera. Sono turbine prodotte in serie, simili a quelle occidentali usate finora, e pertanto, ha spiegato Chemezov, “possiamo rompere ora con Siemens e con General Electric. Abbiamo costruito le prime tre turbine. Due in Crimea e una nella penisola di Taman.”

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