Avranno fatto un buon affare Salvini e Schlein a candidare elle elezioni europee persone che poco o nulla hanno a che vedere con la storia e l’identità tradizionale dei loro partiti? Il 10 giugno sapremo se i voti che gli outsider avranno portato alla Lega e al Pd saranno più di quelli che avranno fatto perdere.
Ma non è solo una questione di voti. Perché dal successo o meno di questi outsider dipenderà la sorte dei segretari e la continuità delle linee politiche dei due partiti.
Il caso della Lega è già evidente. I più autorevoli esponenti del Carroccio, Zaia, Fedriga, Giorgetti, e molti altri dirigenti, del generale non ne vogliono di che sapere. Una fetta consistente del partito lo considera un corpo estraneo, un pericoloso fattore di “inquinamento” della tradizione leghista, un estremista di destra di cui nessuno sentiva il bisogno. Se il generale avrà il successo di cui parla, il capitano – cioè Salvini – canterà vittoria ma rischierà di fare il replicante della sua creatura. Il milite potrebbe togliergli spazio e addirittura dettargli la linea: più di mezzo partito fuggirebbe altrove. Se invece i libri venduti dal generale non si tradurranno in voti, per Salvini si aprirà la resa dei conti finale.
Il caso di Schlein non è molto diverso ma è perfino più sconcertante.
La segretaria ha messo in lista, oltre alla pacifista Cecilia Strada, anche Marco Tarquinio le cui idee, non solo sulla guerra ma anche su aborto, omosessuali e questioni etiche non coincidono per nulla con quelle del Pd. Per ora l’unico che ha messo le mani avanti è stato Lorenzo Guerini che ha ribadito la linea fin qui seguita dal Pd sull’Ucraina: come dire, Tarquinio porti o non porti voti non ci farà cambiare idea. Per ora tacciono altri esponenti del Pd che sui temi dell’aborto, della sessualità della famiglia hanno idee opposte a quelle di Tarquinio. Si dirà: ma Tarquinio sarà nel Parlamento europeo non in quello italiano quindi se anche votasse in difformità dalla linea ufficiale del partito non avrebbe conseguenze sulla politica interna.
Si tratta di un errore di valutazione. L’ex direttore dell’Avvenire non solo vota ma esprime anche in modo chiaro e netto le sue idee e quindi i contrasti con le tesi ufficiali del Pd non potranno essere nascosti sotto il tappeto. Se, come ha fatto, definisce pulizia etnica quella che sta avvenendo a Gaza, a qualcuno nel Pd forse verrà un po’ di mal di pancia.
Insomma gli outsider rischiano di indebolire sia Schlein che Salvini che invece si aspettano da questi candidati una cura ricostituente per le loro vacillanti leadership.